Pagina:Bini - Scritti editi e postumi.djvu/266

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tre cose mi rimangono impenetrabili. Credo che lo Scrittore in questa parte abbia usato lingua intima, casalinga, troppo tedesca. Spesso mi sembra proverbiale, e temo, che quasi sempre si valga di un dialetto o di un altro, perchè moltissimi dei vocaboli non li trovo notati sul Dizionario. Se tu potessi procacciarmi una traduzione qualunque, l’avrei caro, perchè veramente il doverlo lasciare così per disperazione è pensiero che mi mortifica assai. Addio.

11 Maggio 1835.

P. S. Mi scordavo del meglio. – N.*** M.***, scrive da *** che muore di fame, e si raccomanda alla carità dei fedeli. Vi deve stare cinque anni, come saprai. In società faceva il maestro di scuola, e gli bastava per vivere; – laggiù la professione non corre, ed egli non sa farne altra, e..... Come ti dico, si tratta di fame vera e reale, non di fame figurata. Questo giovane non ha nè roba, nè nessuno, che lo possa aiutare. Ha padre e madre, due miseri vecchi, che adesso andranno a chiedere l’elemosina, perchè, se prima non la chiedevano, era per via del figliuolo. Bisogna fare qualche cosa pur sempre: esser grandi, e buoni, è l’apice degli umani destini; – ma quando non si può altro, siamo buoni almeno, – e quando si vuole è cosa più facile che altri non crede. Vedi se puoi mettere insieme pochi paoli; – tutto fa a chi non ha nulla. Tu conosci qualche signore, e qualche signora; – narra loro il fatto schiettamente com’è. Abbiamo sovvenuto tanti altri, e spesso Dio sa che gente; – e poi erano uccelli di frasca, e non di gabbia, come questo povero diavolo. Non ti dico altro, perchè parmi aver detto abbastanza. Di nuovo, addio.