Pagina:Biografie dei consiglieri comunali di Roma.djvu/133

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lovatelli conte giacomo


Dallo studio delle leggi, su cui lungamente meditò, e dalla paterna origine, era trasfuso nell’anima di lui l’amore di patria, cui ha consacrato l’ingegno e l’opera. — Nel 1850 egli escì dal collegio essendo già Italia in piena restaurazione, e si laureò per amore di studi in due diverse università italiane. — La morte violenta del proprio genitore gli fecero abbandonare il paese nativo, non già i propri principi liberali, cui restò sempre immutabilmente fedele. — E a provare la fermezza de’ suoi principi, giovi notare, com’egli essendo stretto in parentela al Duca Sermoneta per avere condotta in isposa la di lui figlia, giovane ornata di bello ingegno e di forti studi, onde è nota nella repubblica letteraria, avvenne che resosi vacante il posto di Colonnello dei Vigili per la rinuncia del Duca medesimo, fu a lui proposto succedervi, e chiamato dinanzi al pontefice, questi gli fece intendere, che ad occupare quella carica era necessario si fosse pronunciato nella sua religione politica. — Il Lovatelli accomiatatosi dal papa si fece sollecito emettere dichiarazione di non potere accettare l’offertogli ufficio, perochè non avrebbe rinnegato giammai la fede e i principi del padre suo, i suoi sentimenti liberali. — E di fatti noi lo vediamo in ogni istante della sua vita operare sempre da sincero patriota, da cittadino integerrimo, da uomo onestissimo, ed acquistarsi universalmente stima ed affetto, e il suo nome essere circondato di luce limpidamente serena. —

E il suo nome acquistò sempre più rinomanza quando Roma fu congiunta ai destini d’Italia, essendo tosto chiamato dai suffragi popolari a Colonnello della Guardia Nazionale, quindi deputato al Parlamento della città di Ferrara, poscia Consigliere Comunale in Roma con 4864 voti, il che per vero non poteva avvenire che a favore di chi era antico commilitone del partito della libertà. — E in fatti quando si fece da tutti i Circoli romani la primitiva nota dei 60 Consiglieri Comunali, che dovevano sedere per primi nelle aule capitoline, la nota unica, in cui si fusero tutti i Circoli romani, propose alla Roma redenta 61 nomi invece di 60, volendo lasciar libero al suffragio popolare la scelta fra il nome di Sermoneta e Lovatelli, non potendo a un tempo siedere suocero e genero nel comunale consiglio. —

E quando il Circolo Cavour giungeva all’ultima fase della sua politica esistenza, una commissione di distinti cittadini rivolse il pensiero al nome illibato del nostro deputato al Parlamento, per invitarlo ad assumere la presidenza del Circolo medesimo. — E di fatti quantunque egli fosse uno dei soci, che mai aveva in quel circolo insino allora posto piede, nondimeno accettò, e la bandiera che egli tenne alzata fu quella dell’uomo di forte concordia, di schietto patriotta, del cittadino di carattere nobilissimo, e fermo. — Ma in