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alibrandi cav. luigi

chè smettesse l’occuparsi di politica, l’uno e l’altro rifiutò esso per mandare anche da Parigi il grido disperato di una patria che meritava migliori destini. E questo grido metteva in carta, e con le stampe diffondeva, onde guadagnossi nel 1814 dal re di Prussia la seguente lettera:

«Je vous remercie de m’avoir fait connaitre votre brochure sur l’état politique de l’Italie, dont la destinèe interesse toutes le puissances européennes. Je vous previens, que j’ai envoyé cet ouvrage à mon chancellier, le baron d’Handerberg.

» Au Quartier Général de Paris le 23 Mai 1814

» Frédéric Guillaume.


Ma dalla Francia ch’esso con sommo impegno aveva servita stimandola del bene d’Italia interessantissima, ebbe dolori che lo costrinsero ad esulare: a Londra credette trovar pace all’animo per tante vicende trangosciato ed al corpo per molto lavoro affranto, e là morì nel 1837, lasciando come legato alla italiana gioventù fra altri pregiati scritti il suo libro Esortazioni patrie.

Dell’Angeloni scrivemmo per rilevare un punto principale della storia di Roma nel principio del nostro secolo, e perchè da questi, meglio che la scarsa fortuna, che la più in prò della libertà aveva esso sacrificata, ereditò l’Alibrandi l’amore alle liberali istituzioni. - Percorsi ch’ebbe nel Collegio Romano gli studi, addottrinossi in diritto presso la Università, quando le vicende politiche del 1848 e 49 lo trassero in piena politica; e perchè animosissimo e del pacifico vivere disdegnoso fra tanto agitarsi di armi e di armati volle prendere parte nella difesa di Roma, trovandosi sotto gli ordini del generale Garibaldi alla difesa del Casino dei Quattro Venti nel dì memorando del 30 Aprile.

Appresso alla restaurazione del pontificio governo era naturale che il suo nome venisse segnato nel libro nero dei facinorosi e tenuto in osservanza, impedito quindi di rientrare alla Università, e per grazia speciale ammesso a studiare privatamente sotto a maestro assegnatogli dalla Congregazione degli studi. Molte cose raccontano dell’Alibrandi quando fu chiamato negli esami a sostenere la tesi Quomodo demonstratur formam regiminis a Christo Domino Ecclesiae suae datam esse monarchicam; certo è che felicemente raggiunse la riva dell’avvocatura, ma dì per dì diradandosi le file dei patrioti, perchè il governo papale i più temerari arrestava e metteva ai confini, pensò bene l’Alibrandi di darsi con più impegno alla politica che alle leggi. Destro però in ogni fatto suo riuscì sì bene a deludere la politica sorveglianza che senza d’uopo di mettersi a sicuro asilo continuò a trattare per la causa della italiana unificazione, quasichè sopra ed intorno a sè occhio umano non v’invigilasse.

Scoccò l’ora da esso per tanto tempo sospirata nel dì 20 Settembre 1870, e siccome schivo era stato in ogni suo atto di pubblicità, così a quell’epoca non ricercò onori