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biografie dei consiglieri comunali di roma

sopraggiungere dell’esercito francese, il Ramelli postosi a capo d’un drappello di cittadini mantenne l’ordine pubblico e la sicurezza nel Forte, ove erano rinchiusi molti condannati. E fu desso che fece sventolare e rispettare in quella città la nazionale bandiera ed ai soldati francesi, tostochè procedettero alla occupazione, disse queste parole: — Pensate che questa bandiera sventolò allato di quella francese a Solferino, epperò rispettatela e custoditela con amore.

Il Ramelli era di poi nel 1862 sottoposto a processo politico per l’azione, che egli prese nel 1860 in Civita Castellana. — Però le stesse autorità locali deponevano a favore di lui, e desistevasi quindi da ogni ulteriore procedura.

Roma, la città della immortale grandezza, la gemma più bella d’Italia era sospirata da quanti nel petto sentivano amor di patria, chè ben disse il divino Alighieri tutti gl’italiani dover prediligere il capo del Lazio siccome principio comune della civiltà loro, e Gioberti essere Roma e Italia due cose indivise come la testa e le membra, l’anima e il corpo, il mezzo e la circonferenza, e il loro divorzio esser l’esizio della nazionalità loro.

Molti cittadini romani, esuli da lunghi anni, fremevano nel core per strappare al dominio del Papa-Re quella Roma, che racchiudeva le più dolci memorie , che formava il palpito più caro dell’anima, che esser doveva la capitale d’Italia, e strettisi tutti in un patto con i più ardenti patriotti, duce il Leone di Caprera, muovevano al riscatto della città eterna.

Era l’anno 1867. Ahi! una pagina d’infamia e di sangue vergò la storia, chè gli sgherani del Papa coadiuvati dai soldati di Francia soffocavano, con la forza maggiore delle armi, la insurrezione di un popolo, che non altro dimandava se non che il nazionale compimento con Roma capitale! — Le zolle di Mentana e di Villagloria fumano ancora del sangue di un Cairoli e di tanti altri fratelli italiani, dal ferro di masnadieri vilissimi e dal piombo francese miseramente trucidati.

Ed in quell’anno Alessandro Ramelli, tornato da Parigi, si trovò in Civita Castellana, allora quando le truppe papali abbandonavano quella città ritirandosi sopra Roma. E fu in quella occasione che egli prestò pure sua opera nell’organizzare uno stuolo di cittadini per la pubblica e privata sicurezza, sino a che giunse un corpo d’esercito regio comandato dal Generale Ricotti, cui fu fatta consegna della Città o del Forte.

E qui cade in acconcio il dire come il Ramelli anche nella sua tenuta denominata di Borghetto, raccogliendosi una moltitudine di volontari italiani, che recavasi sotto gli ordini del generale Fabrizi, prontamente s’adoperasse affinchè nulla ai medesimi fosse manchevole e di vettovaglie e di alloggiamenti, e tutto procedesse ordinato, in che gli fu pur prodigo di aiuto il maggiore Pianca, che dal Generale Garibaldi era stato destinato a guardia della