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angelini cav. giovanni

aspirazioni: le giornate di luglio in Francia risollevarono lo spirito, e portò molti a giuocare la vita nei segreti convegni del 1831.

Fra questi trovossi Giovanni Angelini. — Sembra però che le delusioni lo stringessero tosto, poiché vistosi salvo appresso ai moti rivoluzionari che parecchi in quel tempo resero o morti combattendo, o fecero cacciare in esilio, o con lunga prigionia la voglia di libertà scontare, ritornò alla quiete tranquilla della casa, e la benda del cospiratore cangiò nel libro-mastro del commercio. E siffatto vivere riconobbe più profittevole che non le politiche agitazioni, chè per molti, pazzeggiamento senza dolce realtà, è rincastellarsi di utopie e di speranze intorno alla pianta patria, pianta che non dà frutta se non sul terreno sodo coltivato da speculatori e da ambiziosi. Le teste spiccate dai busti in olocausto alla patria servono come le pietre del dio Termine presso i Pelasgi a segnare il mio ed il tuo; chi ne ha gode, e chi per la patria senza prendersi un acconto fece spreco di sudore e di sangue, sarà ventura che trovi un letto allo spedale.

Lo strepito del 1848 non porse all’Angelini che l’occasione di accettare il grado di aiutante maggiore nella Guardia civica, ma poiché è uomo che quando accetta un uffizio con coscienza lo funge, così le poche brighe annesse alla sua carica disimpegnò sì bene da meritarsi la fiducia per qualche speciale incarico, e nel 1849 la nomina a Comandante di Piazza. — I Francesi quando entrarono in Roma non andando molto per lo sottile, e le perdite gravissime nell’assedio e negli assalti patite volendo pure in qualche modo vendicare, disfogarono il rancore contro chi aveva tenuto posti e funzioni di qualche rilevanza: un Comandante di Piazza parve persona meritevole di venire severamente punita, ed il governo pontificio arrestato l’Angelini e processatolo, condannollo al precetto per anni nove.

L’episodio non parve dei più graditi, e fece piuttosto risognare all’Angelini i giorni tranquilli e sereni del proprio commercio: ridiede un solenne addio alla politica, e dedicossi tutto agli affari. Fortuna gli arrise e divenne ricchissimo. — Non si scosse per alcun fatto politico; n’andasse l’Italia, l’Europa, il mondo, desso attese al suo commercio così da rimanersi fra tutto impassibile. A lui potevasi applicare il si fractus illabitur orbis di Orazio. — Ma ecco il 20 settembre 1870: l’Angelini non si muove, e vengono i cittadini a stanarlo portandolo nelle prime elezioni come consigliere al Campidoglio; una croce non viene mai sola, ed ecco l’Angelini passato dal Consiglio a far parte della prima Giunta, nella quale gli si volle affidata l’edilizia. Fu veramente un giuoco triste della sorte. L’uomo più tranquillo e più schivo della pubblica vita condannato alla pena di Sisifo. — Provossi l’Angelini a spingere sull’alto della montagna della pubblica opinione il suo sasso, ma poiché questo non era che di buon volere, pietra senza pregio negli anni che corrono, così dopo tanta fatica se lo vide ritombolare a valle: rivestillo di un po’ d’intelligenza e ricacciosselo innanzi sempre per riguadagnare la cima sospirata della pubblica