Pagina:Biografie dei consiglieri comunali di Roma.djvu/255

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venanzi cav. giovanni

assottigliata, onde gli fu duopo rivolgere i suoi capitali al commercio, per provvedere anche ai bisogni di una madre infelico, che alla gravezza degli anni, univa la piti grande delle umane sventure — la cecità della vista. —

Successe il Congresso di Parigi, dove una voce si fè udire che protestava avere Italia diritto di Nazione, e Roma essere la capitale, e sin d’allora l’anima dei patriotti si riapriva ad un sorriso di più bella speranza. — Fu perciò che una deputazione di cittadini romani, tra i quali era il Venanzi, fecero pervenire per mezzo del marchese Migliorati Ambasciatore Sardo un indirizzo al Conte di Cavour, e una medaglia d’oro coniata in suo omaggio a nome di Roma. —

I tempi maturavano. — L’anno 1859 và celebrato per la nuova riscossa italiana, d’onde derivar dovea la uuità, libertà e indipendenza della patria. — E alle prime battaglie accorsero volontari nelle fila dell’esercito tremila Romani, mentre i patriotti che ne curavano l’arruolamento e rimanevano in Roma a combattere il nemico più fiero, quale era il prete, non solo concorrevano alle spese di guerra, ma a tutte le più splendide dimostrazioni, e alla novella dei gloriosi trionfi inviavano due preziose spade, una al Re Vittorio Emanuele, e l’altra a Napoleone III, e di poi facean coprire da diecimila firme un indirizzo, che esprimeva il Plebiscito di Roma di volere riacquistare la nazionalità, tenendosi sotto lo scettro del Re Vittorio Emanuele. — In tutti questi fatti tra i principali promotori fu sempre il Venanzi. — E quanto in quei tempi difficili per la ferocia papale, compiesse il Comitato Nazionale romano, a cui egli apparteneva, basti leggere la storia diplomatica della questione romana di Celestino Bianchi dove si trova in onorata menzione tra i primi cittadini il nome dell’istesso Venanzi.

Avvenuta la morte del Conte di Cavour, una nuova dimostrazione compievasi dai Romani, perciocchè versavasi nella banca di Torino, una somma cospicua per l’erezione del monumento ad eternità di ricordo di quel grande uomo di Stato, e fu il Venanzi quegli che ebbe le attribuzioni di tener la scrittura.

Ricorreva il carnevale dell’anno 1862. — Solenne, grave, ammiranda dimostrazione offerivano i Romani al teocratico governo, imperciocchè le usate feste abbandonando, il corso di Roma rendevano squallido, deserto, malinconioso, con rabbia estrema dei birri e zuavi pontifici, e con immenso fremito d’ira di tutta la corte papale, che avria voluto far credere al mondo, come nel beatissimo regno il popolo è felice. - In quella vece, dappresso invito dei capi del partito Nazionale, tra i quali era il Venanzi, che al personale sopraintendeva, più che 20,000 persone si radunarono nel Foro Romano, luogo designato a dilettoso ritrovo, e intrattenevansi in ordinato passeggio, sopra gli