Pagina:Biologia marina.djvu/212

Da Wikisource.
188 Capitolo sesto


Tra gli Sternoptichidi più notevoli citerò l’Argyropelecus hemigymnus (fig. 68 B), comune in tutto l’Atlantico fra 150 e 500 metri di profondità; è comune a Messina, ove le correnti dello stretto lo portano alla superficie; più raramente si raccoglie nel mare Ligure. L’etimologia greca del nome ricorda due particolarità di questo pesciolino, lo splendore argenteo del corpo e la sua forma a scure, dovuta al fatto che il margine ventrale viene ampliato da una serie di processi ossei formanti una sorta di impalcatura.

Fra gli Scopelidi che si raccolgono a Messina ricorderò il Gonostoma denudatum Raf., risplendente nell’oscurità per una ricca serie di fotofori allineati lungo il margine ventrale del corpo; questi fotofori cominciano digià a svilupparsi nelle piccole larve di un centimetro e mezzo di lunghezza.

Nel Chauliodus Sloanei (fig. 68 B), non meno ben dotato dal punto di vista della luminosità, la forma esteriore ricorda quella degli Stomias; manca però il barbiglio, e poco all’indietro del capo si innalza una pinna dorsale che ha il primo raggio prolungato in un sottile filamento. Anche i Chauliodus (fig. 68 A) sono pesci batipelagici non rari nei nostri mari. Le Ciclothone sono di colore fosco e nei costumi si rivelano nettamente batipelogiche.

Agli Scopelidi si riferiscono le curiose larve dette Stiloftalmoidi del plancton di Messina (fig. 69); gli occhi sono portati da lunghi peduncoli, i quali si vanno però accorciando col procedere dello sviluppo. Il Sanzo ha di recente dimostrato come tali larve appartengano a due specie di Scopelidi già note nella condizione adulta, cioè lo Scopelus caninianus C. V. e lo