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No, no: sollevai la testa, sorrisi: ma le labbra mi tremavano e non potei staccare gli occhi dalla sua cravatta.
— Mi credi?» ripetè con quella sua voce lenta, sommessa e dolce.
Il suo alito caldo mi passava sulla fronte: la sua mano morbida stringeva la mia. Un brivido mi corse da capo a piedi.
— Sì, sì! mi pareva che mi si ripetesse in fondo all’anima. Ma alzai gli occhi, li fissai in quelli di lui...
— «No» risposi, e risi: ma la risata mi si strozzò in gola.
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Quando presentai la tazza di the a Filippo, non lo guardai: ma sentivo fissi su me que’ suoi occhi rotondi e sporgenti.
— «Conny, lascia che veda,» mi disse.
— «Che cosa?» dimandai alzando la testa.
— «Ho già, visto» mi rispose.
— «Ma che? non capisco, Filippo.»
— «Il primo sintomo di una malattia: ma non mi spavento: sei robusta, sei forte. Son di quelle malattie che risanano una costituzione come la tua.»
Tentai di ridere. — «Ma se sto benone! l’assicuro!»
— «Davvero? sei proprio la Conny di cinque minuti fa? calma, allegra...»
— «Ma sì; Filippo! sono sempre la sua donnina forte!» E sollevai il viso: ma vidi nello specchio di contro ch’esso era pallido di inquietudine.