Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/164

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158 l'elegia di madonna fiammetta


perccato m’è stato cagione. Io non so chi mi conducesse a rompere le sante leggi, o Amore o la forma di Panfilo: qualunque si fosse, l’uno e l’altro avea maggiori forze a tormentarmi aspramente, sí che giá questo non m’avvenne per lo fallo commesso, anzi è un dolore nuovo e diviso dagli altri, piú aspramente che alcuno tormentante il suo sostenitore; il quale ancora se per lo peccato commesso mel dessero gl’iddii, essi fariano contro al loro diritto giudicio e usato costume, ché essi non compenseriano col peccato la pena; la quale, se a’ peccati di Giocasta si mira e alla pena data, e al mio e alla pena che io soffero si guarda, ella poco punita, e io di soperchio sarò conosciuta.

Né a questo s’appicchi alcuna dicendo a lei privato il regno, i figliuoli e il marito, e ultimamente la propria persona essere stato, e a me solamente l’amante. Certo io il confesso; ma la fortuna con questo amante trasse ogni felicitá, e ciò che forse alla vista degli uomini m’è felice rimaso, è il contrario, però che il mio marito, le ricchezze, li parenti e l’altre cose tutte mi sono gravissimo peso, e contrarie al mio disio: le quali se come l’amante mi tolse m’avesse tolte, a fornire il mio disio mi rimaneva apertissima via, la quale io avrei usata; e se fornire non l’avessi potuta, mille generazioni di morte m’erano presenti a potere usare per termine de’ miei guai. Dunque piú gravi le pene mie che alcuna delle predette meritamente giudico.

Ecuba appresso vegnente nella mia mente, oltre modo mi pare dolorosa, la quale sola rimase a vedere le dolenti reliquie scampate di sí gran regno, di sí mirabile cittá, di sí fatto marito, di tanti figliuoli, di tante figliuole e cosí belle, di tante nuore, di tanti nipoti e di cosí grande ricchezza, di tanta eccellenza, di tanti tagliati re, di cosí crudeli opere, e dello sperso popolo troiano, de’ caduti templi de’ fuggiti iddíi, vecchia mirandole; e nella memoria riducendo chi fosse il potente Ettore, chi Troiolo, chi Deifebo e chi Polidoro, chi gli altri e come miseramente tutti li vedesse morire; tornandosi a mente il sangue del suo marito, poco avanti reverendo