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capitolo i | 17 |
è tempo da resistere con forza, però che chi nel principio
bene contrastette, cacciò il villano amore, e sicuro rimase e
vincitore; ma chi con lunghi pensieri e lusinghe il nutrica,
tardi può poi ricusare il suo giogo, al quale quasi volontario
si sommise. —
— Oimè! — dissi io allora — quanto sono piú agevoli a dire queste cose che a menarle ad effetto! —
— Come ch’elle sieno a fare assai malagevoli, pure possibili sono, —disse ella — e fare si convengono. Vedi se l’altezza del tuo parentado, la gran fama della tua virtú, il fiore della tua bellezza, l’onore del mondo presente, e tutte quell’altre cose che a donna nobile debbono essere care, e sopra a tutte la grazia del tuo marito, da te tanto amato e tu da lui, per questa sola di perdere disideri. Certo volere nol dèi, né credo che ’l vogli, se savia teco medesima ti consigli. Dunque, per Dio, ritienti, e i falsi diletti promessi dalla sozza speranza caccia via, e con essi il preso furore. Io supplicemente, per questo vecchio petto e nelle molte cure affaticato, dal quale tu prima li nutritivi alimenti prendesti, ti priego che tu medesima t’aiuti, e alli tuoi onori provvegga, e li miei conforti in questo non rifiutare: pensa che parte della sanitá fu il volere essere guarita. —
Allora cominciai io:
— O cara nutrice, assai conosco vere le cose che narri; ma il furore mi costrigne a seguitare le peggiori, e l’animo consapevole, e ne’ suoi disiderii strabocchevole, indarno li tuoi consigli appetisce; e quello che la ragione vuole è vinto dal regnante furore. La nostra mente tutta possiede e signoreggia Amore con la sua deitá, e tu sai che non è sicura cosa alle sue potenzie resistere. —
E questo detto, quasi vinta, sopra le mie braccia ricaddi. Ma ella, alquanto piú che prima turbata, con voce piú rigida cominciò tali parole:
— Voi, turba di vaghe giovani, di focosa libidine accese, sospingendovi questa, vi avete trovato Amore essere iddio al quale piuttosto giusto titolo sarebbe furore; e lui di Venere