Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/52

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CAPITOLO III

Nel quale si dimostra chenti e quali fossero di questa donna i pensieri e l’opere, trascorrendo il tempo a lei dal suo amante promesso di ritornare.

Quale voi avete di sopra udito o donne, cotale, dipartito il mio Panfilo, rimasi, e piú giorni con lagrime di tal partenza mi dolsi, né altro era nella mia bocca, benché tacitamente fosse, che: «O Panfilo mio, come può egli essere che tu m’abbi lasciata?». Certo intra le lagrime mi dava tal nome, ricordandolo, alcuno conforto. Niuna parte della mia camera era che io con disiderosissimo occhio non riguardassi, fra me dicendo: «Qui sedette il mio Panfilo, qui giacque, quivi mi promise di tornare tosto, quivi il baciai io». E brievemente ciascuno luogo m’era caro. Io alcuna volta meco medesima fingeva lui dovere ancora, indietro tornando, venirmi a vedere, e quasi come se venuto fosse, gli occhi all’uscio della mia camera rivolgeva, e rimanendo dal mio consapevole immaginamento beffata, cosí ne rimaneva crucciosa come se con veritá fossi stata ingannata. Io piú volte per cacciare da me i non utili ragguardamenti cominciai molte cose a voler fare; ma vinta da nuove immaginazioni, quelle lasciava stare. Il misero cuore con non usato battimento continuamente m’infestava. Io mi ricordava di molte cose, le quali io gli vorrei aver dette, e quelle che dette gli aveva, e le sue ripetendo con meco stessa; e in tal maniera, non fermando l’animo a nulla cosa piú giorni mi stetti dogliosa.