Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/71

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capitolo v 65


Io, mentre che il mercatante queste cose diceva, ancora che con amarissimo dolore l’ascoltassi, fiso nel viso la dimandante giovane riguardava, meravigliandomi quale cagione potesse essere che costei inducesse a dimandare cosí strette particolaritá di colui, cui io appena credeva che altra donna il conoscesse che io, e vidi che prima a’ suoi orecchi non venne Panfilo avere moglie sposata, che, gli occhi bassati, tutta nel viso si tinse, e la pronta parola le morí in bocca, e per quello che io presumessi, essa con fatica grandissima le lagrime giá agli occhi venute ritenne. Ma io prima, ciò udendo, da uno gravissimo dolore presa, subito, ciò vedendo, fui da un altro non minore assalita, e appena mi ritenni che io con gravissima villania la turbazione di colei non riprendessi, invidiosa che da lei sí aperti segnali d’amore verso Panfilo si mostrassero, dubitando, non meno che essa, cosí, come io, non avesse legittima cagione di dolersi delle udite parole. Ma pure mi tenni, e con noiosa fatica, alla quale non credo che simigliarne si truovi, il turbato cuore sotto non cambiato viso servai, di piangere piú disiosa che di piú ascoltare.

Ma la giovane, forse con quella medesima forza che io, ritenendo dentro il dolore, come se stata non fosse quella che s’era davanti turbata, fattasi far fede di quelle parole, quanto piú domandava piú trovava la cosa contraria al suo disio e al mio. Onde, dato al mercatante commiato che ’l domandava, e ricoperta con infinte risa la sua tristizia, con ragionamenti diversi insieme quivi per piú lungo spazio ch’io non averei voluto ci rimanemmo.

Venuti meno i nostri ragionamenti, ciascuna si diparti, e io con anima piena d’angosciosa ira, non altramente fremendo che il lione libico poscia che nelle sue insidie scuopre i cacciatori, ora nel viso accesa e ora pallida divenendo, quando con lento passo e quando con piú veloce che la donnesca onestá non richiede, tornai alla mia casa. E poi che licito mi fu di potere di me fare a mio senno, entrata nella mia camera, amaramente cominciai a piangere, e quando per lungo spazio le molte lagrime parte della gran doglia ebbero sfo-