Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/90

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84 l'elegia di madonna fiammetta


Pervenute adunque alli luoghi diputati alle nozze, ancora che diversi e in diversi tempi fossero, non altramente che in una sola maniera mi videro, cioè con viso infinto, qual io poteva, ad allegrezza, e con l’animo al tutto disposto a dolersi, prendendo cosí dalle liete cose come dalle triste che gli avveniano, cagione alla sua doglia. Ma poi che quivi dall’altre con molto onore ricevute eravamo, l’occhio disideroso non di vedere ornamenti, de’ quali li luoghi tutti risplendevano, ma se stesso col pensiero ingannando se forse quivi Panfilo vedesse, come piú volte giá in simile luogo veduto aveva, intorno solea girare; e non vedendolo, come fatta piú certa di ciò di che io prima era certissima, quasi vinta, con l’altre mi poneva a sedere, rifiutando gli offerti onori, non vedendovi io colui per lo quale essere mi soleano cari. E poi che la nuova sposa era giunta, e la pompa grandissima delle mense celebrata si toglieva via, come le varie danze, ora alla voce d’alcuno cantante guidate e ora al suono di diversi strumenti menate, erano cominciate, risonando ogni parte della sposaresca casa di festa, io, acciò che non isdegnosa, ma urbana paressi, data alcuna volta in quelle, mi riponeva a sedere entrando in nuovi pensieri.

Egli mi ritornava a mente quanto solenne fosse stata quella festa, la quale a questa simile giá per me s’era fatta, nella quale io semplice e libera senza alcuna malinconia lieta mi vidi onorare, e quelli tempi con questi altri misurando in me medesima, e oltremodo veggendoli variati, con sommo disio, se il luogo conceduto l’avesse, provocata era a lagrimare. Correvami ancora nell’animo con pensiero prontissimo, veggendo li giovani parimente e le donne far festa, quant’io giá in simili luoghi, il mio Panfilo me mirando, con atti varii e maestrevoli a cotali cose, festeggiato avessi; e piú meco della cagione del far festa, che tolta m’era, che del non far festa medesimo mi doleva. Quindi orecchie porgendo a’ motti, alle canzoni e alli suoni, ricordandomi de’ preteriti, sospirava, e con infinto piacere, disiderando la fine di cotale festa, meco medesima mal contenta con fatica passava. Nondimeno, riguar-