Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/194

Da Wikisource.

«Mentre ch’io minava in basso loco». Nella precedente parte di questo canto è stato dimostrato, per opera della divina grazia il peccatore aver conosciuto il suo stato, e disiderar d’uscir di quello, e tornare alla via della veritá, da lui per lo mentale sonno smarrita; e, oltre a ciò, quali sieno le cose le quali il suo tornare alla diritta via impediscono: in questa parte dimostra il divino aiuto al suo scampo mandatogli, accioché, schifato lo ’mpedimento delli detti vizi, esso possa quel cammin prendere e seguire che opportuno è alla sua salute. E come questo mandato gli fosse, piú distintamente si mostrerá nel canto seguente. E, percioché, come noi per esperienza veggiamo, coloro i quali delle infermitá si lievano, esser deboli e male atanti della persona; cosí creder dobbiamo esser l’anima, la quale dalla infermitá del peccato levandosi, s’ingegna di tornare alla sua sanitá. E, come il nostro corpo infermo, senza l’aiuto d’alcun bastone sostener non si puote, né muoversi ad alcuno atto utile; cosí l’anima nostra, dal peccato vinta e stanca, senza alcuno aiuto della divina clemenza non può cosa alcuna aoperare in sua salute. E perciò intende qui l’autore di mostrarci come Iddio, il quale ha sempre gli occhi della sua pietá diritti a’ nostri bisogni, ne mandi la sua seconda grazia, cioè la cooperante, con l’aiuto e colla dimostrazione della quale noi prendiam forza e noi medesimi ordiniamo; e, riconosciute con piú avvedimento le nostre colpe, nel timor di Dio torniamo, e della terza grazia, perseverando, ci facciam degni, e quindi della quarta.

Le quali cose in questa parte l’autore sotto il velame de’ suoi versi intende, sentendo per Virgilio questa seconda grazia cooperante; e lui prende come sofficiente, si per discrezione, e si per iscienza, e si ancora per laudevoli costumi atto a tanto uficio; e, oltre a ciò, percioché Virgilio, quantunque con altro senso, in parte trattò quella medesima materia, la quale egli intende di trattare; e ancora, percioché il trattato dee essere poetico, era piú conveniente un poeta che alcuno altro sublime uomo; e pierò prese lui, piú tosto che alcun altro, percioché egli tra’ latini ottiene il principato.