Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/91

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Nel cibo e nel poto fu modestissimo. Né fu alcuno piú vigilante di lui e negli studi e in qualunque altra sollecitudine il pugnesse.

Rade volte, se non domandato, parlava, quantunque eloquentissimo fosse. Sommamente si dilettò in suoni e in canti nella sua giovanezza, e, per vaghezza di quegli, quasi di tutti i cantatori e sonatori famosi suoi contemporanei fu dimestico. Quanto ferventemente esso fosse da amor passionato, assai è dimostrato di sopra.

Solitario fu molto e di pochi dimestico. E negli studi, quel tempo che lor poteva concedere, fu assiduo molto. Fu ancora Dante di maravigliosa capacitá e di memoria fermissima, come piú volte nelle disputazioni in Parigi e altrove mostrò.

Fu similmente d’intelletto perspicacissimo e di sublime ingegno e, secondo che le sue opere dimostrano, furono le sue invenzioni mirabili e pellegrine assai. Vaghissimo fu e d’onore e di pompa, per avventura piú che non si appartiene a savio uomo. Ma qual vita è tanto umile, che dalla dolcezza della gloria non sia tócca? Questa vaghezza credo che cagion gli fosse d’amare sopra ogni altro studio quel della poesia, accioché per lei al pomposo e inusitato onore della coronazion pervenisse. Il quale senza fallo, si come degno n’è, avrebbe ricevuto, se fermato nell’animo non avesse di quello non prendere in altra parte, che nella sua patria e sopra il fonte nel quale il battesimo avea ricevuto; ma dallo esilio impedito e dalla morte prevenuto, noi fece. Ma, peroché spessa quistion si fa tra le genti, e che cosa sia la poesi e che il poeta, e donde questo nome venuto, e perché di lauro sieno coronati i poeti, e da pochi pare esser mostrato, mi piace qui di fare alcuna transgressione, nella quale questo alquanto dichiari, e quindi prestamente tornare al proposito.