Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/13

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alcuna pena estrinseca stimolate, ma solamente da affanno intrinseco, il quale si causava dal conoscimento della lor miseria, vedendosi private della presenza di Dio, non per loro colpa o peccato commesso, ma per lo non avere avuto battesimo, come appresso si dice. «Che avean le turbe», cioè moltitudini, «ch’eran grandi, D’infanti», cioè di pargoli, li quali «infanti» si chiamano, percioché ancora non eran venuti ad etá che perfettamente potesson parlare (e questa è l’una delle due maniere di genti, delle quali dissi che l’autor trattava in questa parte), «e di femmine e di viri», cioè d’uomini (e questa è l’altra maniera, in tanto dalla prima differenti, in quanto i primi morirono infanti, come detto è, e questi secondi morirono non battezzati in etá perfetta). [Li quali una medesima cosa direi loro essere e gl’infanti, se quella copula, la quale vi pone quando dice: «D’infanti e di femmine e di viri», non mi togliesse da questa opinione. E la ragion che mi moverebbe sarebbe questa; percioché io non estimo che da creder sia, quantunque nella presente vita gl’infanti in tenerissima etá morissono, che essi sieno, al supplicio, in quella etá, cioè in quello poco o nullo conoscimento; anzi credo sia da credere loro essere in quello intero conoscimento che è qualunque degli altri, che piú attempati morirono: la qual perfezione del conoscimento credo sia lor data in tormento e in noia, e non in alcuna consolazione, come a noi mortali, quando bene usare il vogliamo, è conceduto.] «Lo buon maestro», cioè Virgilio (il quale in questa parte, per ammaestrarlo che domandar dovesse quando alcuna cosa vedesse nuova e da doverne meritamente addomandare, o forse per assicurarlo al domandare; percioché nel precedente canto, perché non gli parve che yirgilio tanto pienamente al suo domando gli rispondesse, vergognandosi sospicò non grave fosse a Virgilio l’essere domandato, per che poi d’alcuna cosa domandato non l’avea) «a me» disse: — «Tu non dimandi, Che spiriti son questi, che tu vedi»? qui che sospirando si dolgono. Ed appresso fa come il buon maestro dee fare, il quale, vedendo quello di che meritamente può dubitare il suo auditore, gli si