Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/147

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[Lez. xxi] «Amor, ch’a null’amato amar perdona». Questo, salva sempre la reverenza dell’autore, non avviene di questa spezie d’amore, ma avvien bene dell’amore onesto, come l’autore medesimo mostra nel seguente libro nel canto ventiduesimo, dicendo: A amore acceso da virtú, sempre altro accese, pur che la fiamma sua paresse fuore.

Ma puossi qui dire, questo talvolta avvenire, [conciosiacosaché rade volte soglia l’uomo molto strettamente legarsi dell’amore di cosa, ch’è a lui in tutto o in piú cose di natura conforme; il che quando avviene, può quel seguitare che l’autore dice,] conciosiacosaché naturalmente ogni simile appetisca suo simile: e però, come la cosa amata sentirá i costumi e le maniere dell’amante conformi alle sue, incontanente si dichinerá a doverlo cosí amare, come ella è amata da lui; cosi non perdonerá l’amore all’amato, cioè ch’egli non faccia che questo amato ami chi ama lui. «Mi prese del costui piacer», cioè del piacere di costui, o del piacere a costui: in che generalmente si sforza ciascun che ama di piacere alla cosa amata: «si forte», cioè con tanta forza, «Che, come vedi, ancor non m’abbandona». Vuol dire: vedendomi, come tu fai, andar continovo con lui, puoi comprendere che io l’amo, come io l’amai mentre vivevamo. [Ma] in questo l’autor séguita l’opinion di Virgilio, il qual mostra nel sesto dell’ Eneida, Sicheo perseverare nell’amor di Didone, dove dice: Tandem corripuit sese, atque inimica refugit in nemus urnbriferum, coniux ubi pristinus illi respondet curis aequatque Sichaeus amorem, eco. [Secondo la cattolica veritá, questo non si dee credere, percioché la divina giustizia non permette che in alcuna guisa alcun dannato abbia o possa avere cosa òhe al suo desiderio si conformi, o gli porga consolazione o piacere alcuno: alla quale assai manifestamente sarebbe contro, se questa donna, come vuol mostrare nelle sue parole, a se medesima compiacesse