Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/172

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166 epistolarum quae supersunt

memoria, sí che tu non puoi conoscere chi quelli piú che questi abbia edificati. Ecco, presso a Baia del tuo Grande, sono edifici grandissimi e maravigliosi di Gaio Mario, di Iulio Cesare, di Pompeo Grande e di piú altri molti, ed ancora in questa etá durano: ma distintamente, per cui opera o vero spesa sieno ritti, niuno indicio certo ci resta. Ciascuno come gli piace, eziandio le vecchierelle, compostasi una favola, le fatiche nobili attribuisce a cui gli pare. Questo è quasi il primo morso del fuggente tempo, tirare in dubbio le cose certe, con ciò sia cosa che dalle cose dubbie in tutta oblivione agevolmente si venga. Se tu vuoi per le cose giovani vedere meglio la ruina delle antiche, intorno a cosí fatte cose ragguarda le stufe di Diocleziano, la casa d’Antonio in mezzo la cittá di Roma, per avarizia come per negligenzia de’ cittadini giá divorate e péste, e quasi mutati i nomi e distrutti quanto alla gloria de’ componitori. E cosí, amico ottimo, poi che in tempo periscono tutte le fatiche de’ mortali, questa sanza fallo meno intra le nobili consiste: e benché alquanto perseveri, nondimeno con poca loda persevera di colui che edifica; il che non è nascoso. Se noi vogliamo ragguardare, molti furono giá presi dal desiderio di questa gloria, intra’ quali grandissimi e che piú ci spesono, Erode d’Antipatre, per addietro re de’ giudei, e Nerone Cesare essere stati, dimostrano gli esempli che ancora stanno in piè; i nomi de’ quali se altri gran fatti non avessono conservato, di nulla memoria sarebbono appresso di noi: e se la fortuna avesse voluto conservarli per quello, non lungamente sarebbono durati. Poi che per ogni cagione gli edifici disfatti sieno, tanto si diminuisce della fama di colui che mura, quanto dell’edificio è tolto via. Stoltissima cosa è adunque d’una povera casetta pensare a perpetua fama potere aggiugnere, alla quale di grandissimi e nobili templi ed edifici veggiamo nobilissimi uomini e principi del mondo non avere potuto aggiugnere. Oltre a questo, come tu insieme con meco conosci, tanto ardentemente desidera d’essere tenuto litterato ed amico delle Muse, che quasi niuna cosa piú sollicitamente faccia, appare: non di certo che e’ sia, ma che e’ paia, con ciò sia cosa che essere si creda. Però che io odo che Coridon gli aveva dato a credere, potere avere alcuni quello che a litterato s’appartiene, eziandio sanza gramatica: con ciò sia cosa che quella arte sia suta trovata non per crescere lo ’ngegno o per dare allo ’ntelletto notizia delle cose, ma acciò che, come noi in diverse lingue parliamo, il tedesco o il francioso possa mediante la