Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/174

Da Wikisource.
168 epistolarum quae supersunt

litterato; nondimeno dalla pigrizia possono alquanto seperare uno uomo studioso ed in alcuna agevolezza guidare a’ piú alti studi: le quali avere levato questo uomo della feccia plebea non negherò; a quelli che di fama sono degni essere condotto, non confesserò, però che in nullo santo Studio mai lui avere studiato è cosa manifesta. So nondimeno essere di quelli che vogliono, ed egli non lo sconfessa, lui avere scritte molte epistole vulgari, le quali alcuna volta stima di tanto pregio, che quella che ad uno ará mandata, quella medesima a molti in ogni parte mandò, acciò che l’eloquenzia del petto suo possente per testimonio di quelle si manifesti; delle quali molte ne vidi, attendendo piuttosto ad ornato parlare, secondo l’usanza sua, che a fruttuoso: per la qual cosa, benché d’alcuna loda sieno degne, nondimeno non da molto le fo, né tu. Scrisse ancora a Palermo, sí come dicono alquanti assai degni di fede, in mezzo il tumulto della guerra della quale egli era duca (e nondimeno non era a lui intero esercito, però che e’ non aggiugnevano a dugento cavalieri, ed oltre a questo, delle legioni de’ soldati molto era il numero scemato e quasi a dugento erano tornati i pedoni, e questi erano mercennari e che venivano piuttosto in aiuto che di propria schiera), un volume forse memorabile e degno del verso d’Omero, però che, spregiato il vulgare fiorentino il quale al tutto tiene da poco e gitta via, trovato un nuovo mescolato di varie lingue, scrisse in francesco de’ fatti de’ cavalieri del Santo Spirito, in quello stile che giá per addietro scrissono alcuni della Tavola ritonda: nel quale che cose da ridere ed al tutto false abbia poste, egli il sa. Queste cose, per non dire l’altre, non arò io in orrore di scrivere in sua loda con mio migliore stile? ed il nimico delle Muse, dirollo io amico? Tolga Dio dalla mia sottile penna questa vergogna, la quale se io temo, tu, che se’ uomo litterato, maravigliare non ti déi. Ed acciò che l’animo mio non ti sia nascoso, io sono per volgermi in contrario se egli non apre la prigione alla moltitudine de’ libri i quali appresso ad alcuni oziosi uomini, i quali non molto di lungi da Firenze nobilmente pasce, sotto chiave di diamante ha riposti; quasi per questo molti abbiano girato il mondo e cercati gli Studi di diverse nazioni, le notti sanza sonno abbiano guidate e con ogni effetto abbiano sudato, acciò che le fatiche loro diventassono ésca delle tignuole e della polvere. E non dubito avverrá, se non per la mia fatica, almeno per l’altrui, che colui che crede tenere le Muse prese, sia sospinto nella ruina del disleale oste Pireneo,