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Rime 97

     Et faran, credo, perpetualmente1,
     Facea trombando inanimar la gente5
     Et ad arme et a guerra, d’hora in hora2,
     Et de’ legni d’Enea di poppa in prora
     Batter il mar co’ remi virilmente.
Ma tu di pace et d’amor et di gioia
     Sei facto grembo et dilectoso seno,10
     Degno d’eterno nome et di memoria.
     Ben lo so io, ch’in te ogni mia noia
     Lasciai, et femmi d’allegreza pieno
     Colui ch’è sire et re d’ogni mia gloria3.


LXV.


Se io temo di Baia e il cielo e il mare,
     La terra et l’onde e i laghi4 et le fontane5
     Et le parti domestiche et le strane,
     Alcun non se ne dee maravigliare.
     Quivi s’attende solo a festeggiare5
     Con suoni et canti, et con parole vane
     Ad inveschiar le menti non ben sane,
     O d’amor le vittorie a ragionare6.


  1. Pare una reminiscenza di quel che il poeta latino dice del nome: ‘Monte sub aerio, qui nunc Misenus ab illo Dicitur aeternumque tenet per saecula nomen’.
  2. E Vergilio: ‘quo non praestantior alter Aere ciere viros Martemque accendere cantu’.
  3. Amore.
  4. L’Averno e il Lucrino.
  5. Le fonti calde, ricordate in LXI, 2-3; si veda la nota 1 alla p. 93.
  6. Si tenga sott’occhio, per riscontro, il passo seguente della Fiammetta (cap. V): ‘Quivi, posto che i languori corporali molto
7. — Classici italiani, N. 1.