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102 Giovanni Boccacci

Tutte eran fresche dilicate e belle,
     D’erbe e di frondi verdi coronate,20
     Negli occhi lor lucenti più che stelle.
Tutte danzando venieno ordinate
     Su un bello prato d’erbette e di fiori,
     Nel qual danzando Amor l’avea menate.
Fessi ver me Amor: — Tu, che di fori25
     Della danza dimori, riguardando
     Ne’ belli occhi a costoro i miei ardori,
Odile nominare, sì che, quando
     Forse sarai di fuor da questo loco,
     D’onorarle disii per mio comando.30
Tra l’altre, che più guarda il nostro foco
     Con senno e con virtù, costei è quella,
     Allato ad cui con allegrezza gioco.
Di Giachinotto monna Icta s’apella,
     De’ Tornaquinci1, e Meliana è colei,35
     Di Giovanni di Nello2, ch’è dop’ella.
E la Lisa e la Pechia, che con lei


    nel medesimo periodo in cui furono scritti, o compiuti, l’Ameto e l’Amorosa Visione; ivi furon anche raccolte le notizie biografiche delle donne nominate nel serventese, che riassumerò nelle note successive.

  1. Giachinotto di messer Neri de’ Tornaquinci, fiorentino, del Sesto di San Pancrazio, fu tra i soldati delle cavallate spedite a Pistoia nel 1313, e morì nel 1370; monn’Itta, sua figlia, potrebb’essere identificata con un’omonima che fu moglie di Piero Pantaloni e morì nel 1354.
  2. Identificabile forse con una madonna Meliana moglie di Giovanni Cristofani, ricordata con onore da Antonio Pucci in un suo serventese del 1335. Figura tra le ninfe dell’Ameto sotto il nome di Emilia. Giovanni di Nello, spetiarius, è ricordato tra i consiglieri del Comune fiorentino appunto nel 1342; morì nell’agosto 1347, e fu sepolto il 15 di questo mese.