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46 Giovanni Boccacci

E vidimi alla bella donna offerto,10
     E di cervio mutato in creatura
     Humana e rationale esser per certo:
Ma non ingiustamente1, ché natura
     Non misse mai valor né gentilezza
     Quant’è in lei, honestissima e pura.15
Il viso suo angelica bellezza
     Del ciel discesa veramente pare,
     Venuta a dare agli occhi human chiarezza;
Discreta e saggia nel suo ragionare
     E signorevol donna nello aspecto,20
     Lieta e baldanzosa nello andare;
Onde, s’agli occhi mie’ dié tal dilecto,
     Che, donandomi a llei, huom ritornai
     Di bruta belva, a huomo d’intellecto
Non pare ingiusto né mirabil mai,25
     Ché l’eterno signor credo che gioia
     Abbia dicendo in sé: — io la formai! — .
Ell’è ispegnitrice d’ogni noia;
     Chi lla rimira ben negli occhi fiso
     Torna pietoso o convien che ssi moia.30
Quanta sie la virtù che il bel viso
     Spande in quella parte ove si gira,
     Sollo io, che per dolcezza son conquiso.
Superbia accidia e avaritia e ira,
     Quando la veggio, fuggon della mente,35
     Che i contrari lor dentro a sé tira.
Ond’io priego ciascun divotamente,
     Che subietto è com’io a quel signore,
     Che ingentilisce ciascuna vil mente2,


  1. Questo concetto è da mettere in rapporto con quello del v. 10.
  2. Il dio d’Amore.