ranza, desta i sospiri, non facendo alcuna differenza dai vizj alla virtù purchè segua suo appetito, ponendo nel numero de’ nemici ogni cosa che è contraria a questo: ardendo le fiamme, va e torna, non istancandosi, lo desiderio: cercasi la cosa amata, e, replicando spesso lo vedere1, sempre si contraono nuovi ardori; e non essendo possibile pentirsi2, piangesi, e dirannosi prieghi unti per lusinghe, trovansi ruffiane, promettonsi doni, donasi, gittasi e alcuna volta s’ingannano le guardie, e con lo vegghiare si pigliano i fortificati cuori. Alcuna volta si arriva al desiderato abbracciare: allora lo diletto, nemico dell’onestà, e confortatore dei peccati, cacciata via la vergogna e l’onestà, con una bruttura apparecchiata ai porci manifesta le scellerate blandizie3. Allora cacciata la temperanza, e chiamata la lussuria
- ↑ Cod. Cass. replicando spesso lo volere. Test. Lat. ex iterato saepius visu.
- ↑ Cod. Cass. non essendo possibile potersi piangesi. Test. Lat. cum non sit poenitentiae locus.
- ↑ Cod. Cass. le scellerate blandite. Test. Lat. effundit illecebras.