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Pagina:Boccaccio - De claris mulieribus.djvu/120

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116 iole,

ranza, desta i sospiri, non facendo alcuna differenza dai vizj alla virtù purchè segua suo appetito, ponendo nel numero de’ nemici ogni cosa che è contraria a questo: ardendo le fiamme, va e torna, non istancandosi, lo desiderio: cercasi la cosa amata, e, replicando spesso lo vedere1, sempre si contraono nuovi ardori; e non essendo possibile pentirsi2, piangesi, e dirannosi prieghi unti per lusinghe, trovansi ruffiane, promettonsi doni, donasi, gittasi e alcuna volta s’ingannano le guardie, e con lo vegghiare si pigliano i fortificati cuori. Alcuna volta si arriva al desiderato abbracciare: allora lo diletto, nemico dell’onestà, e confortatore dei peccati, cacciata via la vergogna e l’onestà, con una bruttura apparecchiata ai porci manifesta le scellerate blandizie3. Allora cacciata la temperanza, e chiamata la lussuria

  1. Cod. Cass. replicando spesso lo volere. Test. Lat. ex iterato saepius visu.
  2. Cod. Cass. non essendo possibile potersi piangesi. Test. Lat. cum non sit poenitentiae locus.
  3. Cod. Cass. le scellerate blandite. Test. Lat. effundit illecebras.