Pagina:Boccaccio - Decameron I.djvu/37

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novella prima 33

Al quale il santo frate disse: — Di’ sicuramente, ché il vero dicendo né in confessione né in altro atto si peccò giá mai. — Disse allora ser Ciappelletto: — Poi che voi di questo mi fate sicuro, ed io il vi dirò: io son cosí vergine come io uscii del corpo della mamma mia. — O benedetto sii tu da Dio! — disse il frate — come bene hai fatto! E faccendolo hai tanto piú meritato, quanto, volendo, avevi piú d’arbitrio di fare il contrario che non abbiam noi e qualunque altri son quegli che sotto alcuna regola son costretti. — Ed appresso questo, il domandò se nel peccato della gola aveva a Dio dispiaciuto. Al quale, sospirando forte, ser Ciappelletto rispose del sí, e molte volte: per ciò che, con ciò fosse cosa che egli, oltre alli digiuni delle quaresime che nell’anno si fanno dalle divote persone, ogni settimana almeno tre dí fosse uso di digiunare in pane ed in acqua, con quello diletto e con quello appetito l’acqua bevuta aveva, e spezialmente quando avesse alcuna fatica durata o adorando o andando in pellegrinaggio, che fanno i gran bevitori il vino; e molte volte aveva disiderato d’avere cotali insalatuzze d’erbucce, come le donne fanno quando vanno in villa, ed alcuna volta gli era paruto migliore il mangiare che non pareva a lui che dovesse parere a chi digiuna per divozione, come digiunava egli. Al quale il frate disse: — Figliuol mio, questi peccati sono naturali, e sono assai leggeri, e per ciò io non voglio che tu ne gravi piú la coscienza tua che bisogni. Ad ogni uomo avviene, quantunque santissimo sia, il parergli, dopo lungo digiuno, buono il manicare, e dopo la fatica, il bere. — Oh! — disse ser Ciappelletto — padre mio, non mi dite questo per confortarmi; ben sapete che io so che le cose che al servigio di Dio si fanno, si deono fare tutte nettamente e senza alcuna ruggine d’animo: e chiunque altramenti fa, pecca. — Il frate, contentissimo, disse: — Ed io son contento che cosí ti cappia nell’animo, e piacemi forte la tua pura e buona coscienza in ciò. Ma dimmi: in avarizia hai tu peccato, disiderando piú che il convenevole o tenendo quello che tu tener non dovesti? — Al quale ser Ciappelletto disse: — Padre mio, non vorrei che voi guardaste perché io sia in casa di