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Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/218

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212 giornata nona

dove egli trovò sola la Niccolosa: ed entrato con lei in novelle, ed ella, che sapeva ben ciò che a far s’aveva, accostataglisi, un poco piú di dimestichezza che usata non era gli fece, donde Calandrino la toccò con la scritta. E come tócca l’ebbe, senza dir nulla, volse i passi verso la casa della paglia, dove la Niccolosa gli andò dietro: e come dentro fu, chiuso l’uscio, abbracciò Calandrino ed in su la paglia che era ivi in terra il gittò e saligli addosso a cavalcione, e tenendogli le mani in su gli omeri, senza lasciariosi appressate al viso, quasi come un suo gran disidèro il guardava, dicendo: — O Calandrin mio dolce, cuor del corpo mio, anima mia, ben mio, riposo mio, quanto tempo ho io disiderato d’averti e di poterti tenere a mio senno! Tu m’hai con la piacevolezza tua tratto il filo della camiscia; tu m’hai aggratigliato il cuor con la tua ribeba: può egli esser vero che io ti tenga? — Calandrino, appena potendosi muover, diceva: — Deh! anima mia dolce, lasciamiti basciare. — La Niccolosa diceva: — O tu hai la gran fretta! Lasciamiti prima vedere a mio senno: lasciami saziar gli occhi di questo tuo viso dolce. — Bruno e Buffalmacco n’erano andati da Filippo, e tutti e tre vedevano ed udivano questo fatto; ed essendo giá Calandrino per voler pur la Niccolosa basciare, ed ecco giugner Nello con monna Tessa. Il quale come giunse, disse: — Io fo boto a Dio che sono insieme — ed all’uscio della casa pervenuti, la donna, che arrabbiava, datovi delle mani, il mandò oltre, ed entrata dentro, vide la Niccolosa addosso a Calandrino; la quale, come la donna vide, subitamente levatasi, fuggí via ed andossene lá dove era Filippo. Monna Tessa corse con l’unghie nel viso a Calandrino, che ancora levato non era, e tutto gliele graffiò; e presolo per li capelli, ed in qua ed in lá tirandolo, cominciò a dire: — Sozzo can vituperato, adunque mi fai tu questo? Vecchio impazzato, che maladetto sia il bene che io t’ho voluto; adunque non ti pare aver tanto a fare a casa tua, che ti vai innamorando per l’altrui? Ecco bello innamorato! Or non ti conosci tu, tristo? Non ti conosci tu, dolente, che, premendoti tutto, non uscirebbe tanto sugo che bastasse ad una salsa? Alla fé di Dio, egli non era ora la Tessa quella