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novella quinta | 59 |
sí che egli il vino, il quale egli di soperchio ha bevuto, si fosse molto bene inacquato. — I vicini, e gli uomini e le donne, cominciarono a riprender tutti Tofano ed a dar la colpa a lui ed a dirgli villania di ciò che contro alla donna diceva; ed in brieve tanto andò il romore di vicino in vicino, che egli pervenne infino a’ parenti della donna, li quali, venuti lá ed udendo la cosa e da un vicino e da uno altro, presero Tofano e diedergli tante busse, che tutto il ruppono; poi andati in casa, presero le cose della donna e con lei si ritornarono a casa loro, minacciando Tofano di peggio. Tofano, veggendosi mal parato e che la sua gelosia l’aveva mal condotto, sí come quegli che tutto il suo ben voleva alla donna, ebbe alcuni amici mezzani e tanto procacciò, che egli con buona pace riebbe la donna a casa sua; alla quale promise di mai piú non esser geloso, ed oltre a ciò, le die’ licenza che ogni suo piacer facesse, ma sí saviamente, che egli non se n’avvedesse. E cosí, a modo del villan matto, dopo danno fe’ patto.
[V]
Un geloso in forma di prete confessa la moglie, al quale ella dá a vedere che ama un prete che viene a lei ogni notte; di che mentre che il geloso nascosamente prende guardia all’uscio, la donna per lo tetto si fa venire un suo amante e con lui si dimora.
Posto avea fine la Lauretta al suo ragionamento, ed avendo giá ciascun commendata la donna che ella bene avesse fatto e come a quel cattivo si conveniva, il re, per non perder tempo, verso la Fiammetta voltatosi, piacevolmente il carico le ’mpose del novellare; per la qual cosa ella cosí cominciò:
Nobilissime donne, la precedente novella mi tira a dovere similmente ragionar d’un geloso, estimando che ciò che si fa loro dalla lor donna, e massimamente quando senza cagione ingelosiscono, esser ben fatto: e se ogni cosa avessero i componitori