Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/218

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sua bellezza commendata avesse, e da lei fosse stato udito, questa era sì gran festa e sì grande allegrezza, che niun’altra mai a questa ne fu simigliante: nè le avrebbe quel cotale alcuna cosa addomandata ch’essa non l’avesse, potendo, fatta più che volentieri e tosto: e così per contrario colui che biasimata l’avesse l’avrebbe volentieri con le proprie mani ucciso. Canzoni suoni e mattinate e simili cose, più che altra, volentieri ascoltava, e sommamente avea astio di qualunque fosse colei, alla quale o per amor della quale fossero state cantate o fatte, siccome quella che di tutte avrebbe voluto il titolo, parendole di quello e d’ogni altra cosa molto più che alcun’altra esser degna. E acciocchè io ora di questa materia più non dica, dico, che questi sono gli ornati e laudevoli costumi, e il gran senno e la maravigliosa eloquenzia che di costei il tuo amico, male consapevole del fatto, ti ragionava: questa era la gran costanzia la somma fortezza dell’animo di costei: questo era il grande studio e la sollecitudine continua la quale ell’avea alle cose oneste, come aver debbono quelle donne le quali gentili sono, come ella vuole esser tenuta, e per la quale meritamente tra le valorose antiche, di loro parlando, dee esser ricordata. Della sua magnificenzia, nella quale ad Alessandro ti fu assomigliata, non dopo molte parole udirai alquanto. Essa con questa sua vanità, e con questa esquisita leggiadria (se leggiadria chiamar si dee il vestirsi a guisa di giocolari, e ornarsi come quelle che ad infiniti hanno per alcuno spazio a piacere, sè concedendo per ogni prezzo), e con l’essere degli occhi cortese e più parlante che alla gravità donnesca non si richiedea, molti amanti s’avea