Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/105

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la tacita notte senza sonno e con tante lagrime quante me, o forse nelle braccia ti tiene della giovine male per me udita? O pure senza alcuno ricordo di me soavissimamente dormi? Deh, come può questo essere che Amore due amanti con disiguali leggi governi, ciascuno ferventemente amando, come io fo, e forse come tu fai? Io non so, ma se cosí è, che quelli pensieri te, che me, occupino quali prigioni e quali catene ti tengono, che quelle rompendo a me non torni? Certo io non so chi mi potesse tenere di venire a te, se lamia forma sola, la quale senza dubbio d’impedimento e di vergogna in piú luoghi mi sarebbe cagione, non mi tenesse. Qualunque affari, qualunque altre cagioni costà trovasti, già deono essere finite; e il tuo padre, già di te dee essere sazio, il quale, come gl’iddii sanno, io priego sovente per la sua morte, fermamente credendo lui cagione della tua dimora; e se cosí non è, almeno del tormiti pur fu. Ma io non dubito che, della morte pregando, non gli si prolunghi la vita, tanto mi sono gl’iddii contrarii e male essaudevoli in ogni cosa. Deh, vinca il tuo amore, se cotale è quale essere solea, le sue forze, e vienne. Non pensi tu me sola gran parte delle notti giacere, nelle quali tu fida compagnia mi faresti, se tu ci fossi, come già facesti? Ohimè! quante il passato verno lunghissime senza te fredda nel grandissimo letto, sola n’ho trapassate! Deh, ricòrditi de’ varii diletti da noi molte volte in varie cose presi de’ quali ricordandoti tu, sono certa niuna altra donna mai mi ti potrà tòrre. E quasi questa credenza piú che altra mi rende sicura che falsa sia l’udita novella della nuova sposa, la quale, ancora che vera fosse, non spero mi ti potesse tòrre, se non un tempo. Dunque