Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/169

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queste cose, lui destro alla milizia di Venere conoscendo, sel recò a sè. E chi tiene te che tu non possi fare il simigliante d’un altro? La qual cosa non lodo, ma pure, se più non si puote e di seguire Amore se’ costretta, ove tu la tua libertà da colui vogli ritrarre, chè potrai, infiniti giovini ci sono più di lui degni, per quello che io creda, che volontieri a te diverranno suggetti: il diletto de’ quali così lui trarrà della tua mente, come la nuova donna ha forse te della sua tratta.

Di queste fedi promesse e giuramenti fatti intra gli amanti, Giove se ne ride quando si rompono; e chi tratta altrui secondo che egli è trattato, forse non falla soperchio, anzi usa il mondo secondo li modi altrui. Il servare fede a chi a te la rompe, è oggi reputata mattezza, e lo ’nganno compensare con lo ’nganno si dice sommo sapere. Medea da Giasone abbandonata si prese Egeo, e Adriana da Teseo lasciata si guadagnò Bacco per suo marito, e così li loro pianti mutarono in allegrezza. Dunque più pazientemente le tue pene sostieni, poichè meritamente più d’altrui che di te non t’hai a dolere, e a quelle trovansi molti modi a lasciarle, quando vorrai, considerando ancora che già ne furono sostenute per altre delle sì gravi, e trapassate. Che dirai tu di Deianira essere abbandonata per Iole da Ercule, e Fillis da Demofonte, e Penelope da Ulisse per Circe? Tutte queste furono più gravi che le tue pene, in quanto così o più era fervente l’amore, e se si considera il modo e gli uomini più notabili e le donne; e pure si sostennero. Dunque, a queste cose non se’ sola nè prima, e quelle alle quali l’uomo ha compagnia, appena possono essere importabili o gravi, come tu le dimostri. E però rallègrati