Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/34

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so quali spente, se alcuna ve n’era, accendeva; ma in questo non era sì lieto il principio, che la fine non rimanesse più trista, qualora della vista di quello rimanea privata: perciò che gli occhi, della loro allegrezza privati, davano al cuore noiosa cagione di dolersi, di che i sospiri, e in quantità e in qualità diventavano maggiori, e il disio, quasi ogni mio sentimento occupando, mi toglieva di me medesima, e quasi non fossi dov’era, feci più volte maravigliare chi mi vide, dando poi a cotali accidenti cagioni infinte, da amore medesimo insegnate. E oltre a questo, sovente la notturna quiete e il cotidiano cibo togliendomi, alcuna volta ad atti più furiosi che sùbiti, e a parole mi moveano inusitate.

Ecco che li cresciuti ornamenti, gli accesi sospiri, li nuovi atti, li furiosi movimenti, la perduta quiete, e l’altre cose in me per lo nuovo amore venute, tra gli altri domestici familiari a maravigliarsi mossero una mia balia, d’anni antica e di senno non giovine, la quale, già seco conoscendo le triste fiamme, mostrando di non conoscerle, più fiate mi riprese de’ nuovi modi. Ma pure un giorno me trovando sopra il mio letto malinconiosa giacere, vedendo di pensieri carica la mia fronte, poi che d’ogni altra compagnia ci vide libere, così mi cominciò a parlare: O figliuola a me come me medesima cara, quali sollecitudini da poco tempo in qua ti stimolano? Tu niuna ora trapassi senza sospiri, la quale altra volta lieta e senza niuna malinconia sempre vedere solea.

Allora io, dopo un gran sospiro, d’uno in altro colore più d’una volta mutatami, quasi di dormire infignendomi, e di non averla udita, ora qua ora là rivolgendomi, per tempo prendere