Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/119

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libro secondo 115

m’offende quella piccola quantitá di via che ci divide! Deh, maladetto sia quel giorno ch’io da te mi dipartii, che mai alcuno diletto non sentii, ben che alcuna volta dormendo io ed essendomi tu con benigno aspetto apparita, m’abbia alquanto consolato: la qual consolazione in gravoso tormento si volta, sí tosto com’io mi sveglio dall’ingannevole sonno, pensando che veder non ti possa con gli occhi della fronte. O sola sollecitudine della mia mente, gl’iddii mi concedano che io alcuna volta inanzi la mia morte veder ti possa; la qual cosa converrá che sia, se io devessi muovere aspre battaglie contro al vecchio padre, o furtivamente rapirti dalle sue case. E a questo, se egli non mi ti manda, o non mi fa dove tu se’ tornare, non porrò lungo indugio, perciò che piú sostenere non posso l’esserti lontano». E mentre Florio queste parole e molte altre sospirando diceva, continuamente al caro anello porgeva amorosi baci, sempre riguardandolo per amor di quella che donato glielo aveva. E in tal maniera dimorando pensoso, soave sonno gli gravò la testa, e, chiusi gli occhi, s’addormentò; e dormendo, nuova e mirabile visione gli apparve.

A Florio parve subitamente vedere l’aere pieno di turbamento, e i popoli d’Eolo usciti dal cavato sasso senza alcun ordine furiosi recare d’ogni parte nuvoli, e commuovere con sottili entramenti le lievi arene sopra la faccia della terra, mandandole piú alte che la loro ragione, faccendo sconci e spaventevoli soffiamenti, ingegnandosi ciascuno di possedere il loco dell’altro e cacciar quello; e appresso mirabili corruscazioni e diversi tuoni per le squarciate nuvole, le quali pareva che accender volessero la tenebrosa terra e le stelle parevagli che avessero mutato legge e loco, e parevagli che il freddo Arturo si volesse attuffare nelle salate onde, e la corona dell’abbandonata Adriana fosse del suo loco fuggita, e lo spaventevole Orione avesse gittata la sua spada nelle parti di ponente; e dopo questo gli parve vedere i regni di Giove pieni di sconforto, e gl’iddii piangendo visitar le sedie l’uno dell’altro; e parevagli che gli oscuri fiumi di Stige si fossero posti nella