Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/281

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LIBRO QUARTO

Il volonteroso giovane, abbandonate le sue case con poco dolore, sollecita i passi de’ compagni, seguendo quelli d’Ascalione, ammaestratissimo duca del loro cammino: ma i fati da non poter fuggire volsero in arco la diritta via. E primieramente venuti alla guazzosa terra ove Manto crudelissima giovane lasciò le sua ossa con eterno nome, passarono oltre per lo piacevole piano. Ma, poi che dietro alle spalle s’ebbero le chiare onde di Secchia lasciate, e saliti sopra i fronzuti omeri d’Appennino, e discesi di quello, essi si trovarono nel piacevole piano del fratello dell’imperiale Tevere, vicini al monte donde gli antichi edificatori del superbo Ilion si dipartirono. Qui vi s’apersero gli occhi d’Ascalione, e forte si maravigliò della travolta via, ignorando ove i fortunosi casi li portassero; ma senza parlarne a’ compagni, passando allato alle disabitate mura da Giulio Cesare e da’ compagni costrutte negli antichi anni, per uno antico ponte passarono l’acqua. Né però verso Alfea diritto cammino presero, avvegna che picciolo spazio la loro via forse per piú sicurtá elessero piú lunga, o che gl’iddii, a cui niuna cosa si cela, volenterosi a tal cammino li dirizzassero; e pervennero nella solinga pianura, vicina al robusto cerreto nel quale fuggito era il misero Fileno. E quivi trovandosi, l’acqua venuta per subita piova dalle vicine montagne rovinosa avanzò i termini del picciolo fiume che appiè dell’alto cerreto correva, e di quelli