Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/328

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324 il filocolo

niuna ora può con vera consolazione passare, niuna cosa gli è a grado, l’uno la morte dell’altro disidera. Egli si sente per lo sconcio vizio nelle bocche de’ piú miseri esser portato, né gli pare che sí fatta cosa non si debba credere da chiunque è udita. E se tutte l’altre virtú fossero in lui, questo vizio par ch’abbia forza di contaminarle e guastarle. Dunque grandissimo onore è quello che la castitá della buona donna rende all’uomo, e molto da tener caro. Beato si può chiamare colui a cui per grazia cotal dono è conceduto, avvegna che noi crediamo che pochi siano coloro a’ quali di tal bene sia portato invidia. Ma ritornando al nostro proposito, vedete quanto il cavaliere dava: egli non ci è della mente uscito, quando diceste Tebano essere stato piú che gli altri liberale, il quale con affanno arricchito, non dubitò di tornare nella miseria della povertá, per donare ciò che acquistato aveva. Apertamente si pare che da voi è male conosciuta la povertá, la quale ogni ricchezza trapassa se lieta viene. A Tebano giá forse per le acquistate ricchezze pareva esser pieno d’amare e di varie sollecitudini. Egli giá imaginava che a Tarolfo paresse aver mal fatto, e trattasse di ucciderlo per ravere le sue castella. Egli dimorava in paura non forse da’ suoi sudditi fosse tradito. Egli era entrato in sollecitudine del governamento delle sue terre. Egli giá conosceva tutti gl’inganni apparecchiati da’ suoi parzionali di fargli. Egli si vedeva da molti invidiato per le sue ricchezze, egli dubitava non ladroni occultamente quelle gli levassero. Egli era ripieno di tanti e tali e vari pensieri e sollecitudini, che ogni riposo era da lui fuggito. Per la qual cosa ricordandosi della preterita vita, e come senza tante sollecitudini la menava lieta, tra sé disse: ‛Io disideravo d’arricchire per riposo, ma io veggo ch’è accrescimento di tribulazioni e di pensieri, e fuggimento di quiete’. E tornando disideroso d’essere nella sua prima vita, quelle rendé a chi gliele avea donate. La povertá è rifiutata ricchezza, bene non conosciuto, fugatrice degli stimoli, la quale fu da Diogene interamente conosciuta. Tanto basta alla povertá quanto natura richiede. Sicuro da ogni insidia vive chi