Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/385

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libro quarto 381

non d’oro v’osa entrare. Io non vi potrei narrare interamente di questa quanto n’è. Che vi poss’io piú di questa cosa dire se non che infino al pavimento, e il pavimento medesimo è d’oro e di preziose pietre? In questa mangia sovente il nostro amiraglio con Biancofiore e con l’altre donzelle. Ancora è in questa torre, tra le cento camere, una che di bellezza tutte l’altre avanza: e certo appena che quella dove Giove con Giunone ne’ celestiali regni dimora, si possa agguagliare. Essa è di convenevole grandezza, e ha questa proprietá, che alcuno non vi può dentro passare sí malinconico, che mirando il cielo della camera, dove maestrevoli compassi d’oro, di zaffiri, di smeraldi, di rubini e d’altre pietre si veggono senza numero, egli non ritorni gioioso e allegro. E a fronte alla porta di questa, sopra una colonna, la quale ogni uomo che la vedesse la giudicherebbe di fuoco nel primo aspetto, tanto è vermiglia e lucente, dimora il figliuolo di Venere ignudo con due grandissime ale d’oro, graziosissimo molto a riguardare; e tiene nella sinistra mano un arco e nella destra saette, e pare a chiunque in quella passa che egli il voglia saettare; ma egli non ha gli occhi fasciati come molti il figurano, anzi gli ha quivi belli e piacevoli, e per pupilla di ciascuno è un carbuncolo, che in quella camera tenebre essere non lasciano per alcun tempo, ma luminosa e chiara sí come se il sole vi ferisse la tengono. Dintorno ad esso ne’ cari muri tutte le cose che mai per lui si fecero sono dipinte. Nei quattro canti di questa camera sono quattro grandissimi arbori d’oro, i cui frutti sono smeraldi, perle e altre pietre, e si artificialmente sono composti, che come l’uomo con una verghetta percuote il gambo d’alcuno di quelli, niuno uccello è che dolcemente canti, che quivi cantare non sia udito, e ripercotendo tacciono. In mezzo di questa camera sopra quattro leoni d’oro, una lettiera d’osso d’indiani leofanti dimora, guernita con letto chente a sí fatta lettiera si richiede, chiusa intorno da cortine, le quali io non crederei mai poter divisare quanto siano belle e ricche. Né è alcuno piacevole odore, o confortativo, che in quella entrando l’uomo non senta soavemente