Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/456

Da Wikisource.
452 il filocolo

questo consentivano gl’iddii, perché piú multiplicando il loro dolore, piú fossero degnamente della loro nequizia puniti. E a questa miseria e doglia avevano per compagnia tutto il loro reame, il quale, in desolazione dimorando, dubitava della morte del vecchio re, non sappiendo che consiglio pigliarsi, dopo quello, per la vedova corona, poi che a loro perduto pareva avere Florio.

Era giá il decimo mese passato, poi che Filocolo ricevuto aveva per sua la disiata Biancofiore, e il dolce tempo ritornato cominciava a rivestire i prati e gli arbori delle perdute fronde, avendo Febo toccato il principio del Montone, quando a Filocolo tornò nella memoria l’abbandonato padre e la misera madre, e fu di loro da degna pietá costretto. Egli vedendo il tempo grazioso a navicare, propose di tornare a rivedere li suoi parenti con la cara sposa, e rendere loro con la sua tornata la perduta allegrezza. Nel qual proponimento dimorando, un giorno chiamò a sé l’amiraglio e Ascalione e gli altri suoi compagni e amici, e il suo proponimento a tutti fece palese. I compagni il lodarono, ma l’amiraglio, che di buon amore l’amava, e gli pareva grave tale ragionamento, pensando che acconsentendolo, la partita di Filocolo ne seguiva, rispose cosí: «Ogni tuo piacere m’è a grado, ma dove esser potesse, assai mi saria il tuo rimanere piú grazioso, avvegna che a tanto uomo io non sia possente di dare tale onorevole grado quale si converria, ma quello che io potessi, senza infingermi, volentieri doneria. A cui Filocolo rispose: «Io non dubito che piú ch’io sia degno non sia da voi onorato, ma il conosco, e sentomene obbligato sempre a voi; e dove e’ non fosse il debito amore che mi strigne a rivedere i vecchi parenti, e con la mia tornata rendere a loro la perduta consolazione, e similmente visitare i miei regni, li quali senza conforto stanno, credendomi aver perduto, io in niuna parte sí volentieri dimorerei come in questa, e massimamente con voi, da cui, appresso agl’iddii, la vita e l’onore e il bene e la mia Biancofiore, la quale io sopra tutte le cose disiderai e amo, riconosco». «Adunque» disse l’amiraglio, «il vostro piacere