Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/46

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42 il filocolo


Veggendo il re che i fortunosi casi avevano conceduta la vittoria alle sue armi, in se medesimo molto si rallegrò. Poi andando verso le tese trabacche e guardando con torto occhio i sanguinosi campi, vide grandissima quantitá de’ suoi cavalieri giacer morti dintorno a pochi romani. E ben che l’allegrezza della dolente vittoria gli fosse al principio molta, certo, vedendo questo, ella si cambiò in amare lagrime, imaginando l’aspetto de’ suoi cavalieri, i quali tutti sanguinosi giacevano morti al campo, e udendo le dolenti voci e ’l triste pianto che i suoi medesimi feriti facevano per lo campo. Egli diede a’ suoi cavalieri libero arbitrio che le ricchezze rimase nel misero campo fossero da loro rubate, e che ciò che ciascun prendesse fosse suo, la qual cosa in brieve spazio fu fatta. Essi disarmarono tutti i romani con preste mani, e non ne trovarono alcuno che intorno a sé non avesse grandissima quantitá di nemici morti, e che non fosse passato da cento punte. E i miseri cavalieri, che questo andavano faccendo, avevano perduta la conoscenza de’ loro padri, fratelli e compagni che morti giacevano, per la polvere mescolata col sangue sopra i loro visi; ma poi che essi, nettandoli co’ propri panni per riconoscerli, ve n’ebbero ritrovati molti, e tutti i piú valorosi, il pianto e il romore cominciò si grande, che il re si credette da capo essere assalito, e con fatica racchetò i loro pianti, ricogliendoli dentro ne’ chiusi campi.

O misera fortuna, quanto sono i tuoi movimenti varii e fallaci nelle mondane cose! O v’è ora il grande onore che tu concedesti a Lelio quando prescritto fu all’ordine militare? Ove sono i molti tesori che tu con ampia mano gli avevi dati? Ove i molti amici? O ve la gran famiglia? Tu gli hai con subito giramento tolte tutte queste cose, e il suo corpo senza sepoltura morto giace ne gli strani campi. Almeno gli avestú concedute le romane lagrime, e che le tremanti dita del vecchio padre gli avessero chiusi i morienti occhi, e che l’ultimo onor della sepoltura gli si avesse potuto fare! Aveva giá, nel brieve giorno, Pean, che nell’ultima parte della guizzante coda di Amaltea, nutrice dell’alto Giove, dimo-