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Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/489

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libro quinto 485

stato le interiora del marmo vedere, vedute si sarieno tremare, ma la morbida durezza del bianco aspetto, temendo forse la sua faccia, quello non lasciò palesare. E questo detto, Filocolo colle giovani uscí di quella, e al chiaro giorno rivenne.

Il debito ringraziare alle giovani da Filocolo fatto, mostrò quanto gli fosse stato caro la dimostrazione della fonte fattagli da loro e similmente il chiarimento delle degne mutazioni: dopo il quale, da loro con piacevoli parole prese congedo, verso la cittá co’ suoi ritornando. Alla quale ancora non pervenuto, di lontano conobbe Galeone, a lui carissimo per lo non dimenticato onore, al quale egli sopravvenne avanti che da lui conosciuto fosse. Ma non prima Galeone lo conobbe che con riverenza il ricevette: e partita la maraviglia, e l’amorose accoglienze finite, Galeone voltò i passi, e con Filocolo alla cittá ritornò, de’ suoi felici casi contento, ben che a’ suoi contrarii alquanto la sforzevole entratrice invidia aggiugnesse dolore.

Tornati alla cittá, Filocolo dimandò che fosse della bella Fiammetta, per adietro stata loro reina nell’amoroso giardino, alla cui dimanda Galeone subito non rispose, ma abbassò la fronte, e con dolore riguardò la terra. A cui Filocolo disse: «O caro amico, come prendi tu ora turbazione di ciò che giá mi ricorda ti rallegravi? Quale è la cagione? Non vive Fiammetta?. Allora Galeone dopo un sospiro disse: «Vive, ma la fortuna volubile m’ha mutata legge, e tale la mi conviene usare, che assai piú cara mi saria la morte».«E come?», disse Filocolo. A cui Galeone: «Quella stella, al chiaro raggio della quale la mia picciola navicella aveva la sua proda dirizzata per pervenire a salutevole porto, è per nuovo turbo sparita: e io misero nocchiero rimaso in mezzo il mare sono da ogni parte dalle tempestose onde percosso, e li furiosi venti, a’ quali niuna marinaresca arte mi da rimedio, m’hanno le vele, che giá furono liete, levate, e i timoni, e niuno argomento è a mia salute rimaso: anzi mi veggio da una parte il cielo minacciare, e dall’altra le lontane onde mostrare il mare doversi con maggiore tempesta commuovere. I venti sono tanti