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libro quinto | 527 |
futuro tempo nel mio regno, nella vostra potenza rimetto, e quello che piú vostro piacere è liberamente ne facciate come di vostro: e ciò che io in guiderdone de’ ricevuti servigi v’intendo di rendere si è, che io annunziatore dell’eterna gloria vi voglio essere, la quale a voi e a me, se prendere la vogliamo, è apparecchiata, e dirovvi come». E cominciando dal principio sino alla fine, ciò che Ilario in molte volte gli aveva detto avanti si partisse, quivi a costoro disse, come se per molti anni studiato avesse ciò che dire a loro intendeva. E mirabile cosa fu che, secondo egli disse poi, nella lingua gli correano le parole meglio che egli prima nell’animo non divisava di dirle; la qual cosa per infusa grazia da Dio essere conobbe, seguendo dopo queste parole dette: «Non crediate, signori, che io come giovane vago d’abbandonare i nostri errori sia corso a questa fede senza consiglio e subito, ma sopra di questo molto ho vegghiato, e molto in me medesimo ciò che vi parlo ho esaminato, e mai contrario pensiero ho trovato alla santa fede. E poi penso piú inanzi che dove il mio consiglio non bastasse a discernere la veritá, dobbiamo credere che quello di Giustiniano imperatore, il quale, in uno errore con noi insieme, quello lasciando, ricorse alla veritá e in quella dimora, come noi sappiamo, gli fu bastevole. Dunque de’ piú savi seguendo l’esempio, niuno può degnamente essere ripreso, o fare meno che bene. Siate adunque solleciti meco insieme alla nostra salute».
I giovani baroni, che ad altre cose credevano costui dovere riuscire nel principio del suo parlare, udendo queste cose si maravigliavano molto, e guardando al ben dire di costui, similmente si com’egli conobbero grazia di Dio nella sua lingua essere entrata; e i nobili animi, i quali mai da quello di Filocolo non erano stati discordi, cosí come nelle mondane e caduche cose avevano con lui una volontá avuta, similmente di subito con lui entrarono in un volere della santa fede, e ad una voce risposero: «Alti meriti ne rendi a’ lunghi affanni. Sia laudato quel glorioso Dio, che con la sua luce la via della verita t’ha scoperto. Fuggansi le tenebre, e te, essendo duce,