Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/545

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libro quinto 541

e sappiamo ancora Domineddio ora non essere in terra sceso a risuscitarla. Voi sete errata: guardate che caso non vi faccia meno che bene parlare». Allora Glorizia, tutta nel viso cambiata per le due sorelle di lei e per li tre fratelli nati dopo la sua partita, i quali ella non conoscea, e per gli altri circustanti, dopo un gran sospiro disse: «Oimè, fratello, or come mi parli tu? Sono io femina a cui in alcun atto la gola leda? Certo per singulare grazia di Dio questo conosco, che tra l’altre io sono una delle piú modeste. Oimè, perché io le mie case ricerco, m’è detto che io meno che bene parlo? E piú m’è detto che io, che mai non morii, giá è gran tempo fui morta pianta e sepellita. Deh, Dio! come può egli essere che Cloelia, a cui niente io per consanguineita attengo, m’abbia riconosciuta, e i miei fratelli non mi conoscono, anzi mi scaccino?». Ma poi, lasciando del dolersi i sembianti, passò piú avanti dicendo: «Io sono Glorizia, e vivo, né mai morii. Onoratemi nella mia casa come degna. Mostratemi Lavinio mio padre, e Vetruria mia madre, e fate venir Curzio mio promesso marito, il quale io giovane qui con voi e con Afranio mio fratello lasciai». Sempronio, udendo questo, piú si cominciò a maravigliare, e piú fiso mirandola, quasi giá la veniva affigurando; ma la memoria del falso corpo, per adietro da lui sepellito, non gli lasciava credere ciò che vera imaginazione gli rapportava. Il vecchio padre udí la questionante figliuola, e la voce, non udíta da gran tempo, riconobbe, e giá quasi gli fu manifesto essere per adietro stato ingannato; e a sè chiamato Sempronio, gli comandò che, dentro, a lui menasse la donna, la quale non prima alla sua poca vista fu palese, che egli, come poté, grave la corse ad abbracciare, dicendo: «Veramente tu se’ Glorizia mia cara figliuola». E narratole come morta pianta l’aveano, senza fine la fecero maravigliare, e poi dolere della trapassata madre, e rallegrare della multiplicata prole, a’ quali faccendola nota con intera chiarezza, con festa a Curzio suo marito, il quale lei credendo morta un’altra n’avea menata, che poco tempo era passato che similmente morta s’era, la rendé, con cui ella felicemente e lungamente visse.