Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/122

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d’Annibale un cavaliere in fatto d’arme virtuosissimo, chiamato Alchimede, con molti compagni per prender preda nel terreno de’ romani, acciò che ’l campo d’Annibale copioso di vittuaglia tenessero, Scipione, uscitogli incontro, dopo gran battaglia tra loro stata, gli sconfisse, e lui ferì mortalmente abbattendolo al campo. Alchimede vedendosi abbattuto e sentendosi solo, da’ suoi abandonato e ferito a morte, alzò il capo e riguardò il giovane, il quale la sua lancia avea a sè ritratta, forse per riferirlo, e videlo nel viso piacevole e bello, e niente parea robusto nè forte come i suoi colpi il facevano sentire, a cui egli gridò: O cavaliere, non ferire, però che la mia vita non ha bisogno di più colpi a essere cacciata che quelli che io ho, nè credo che il sole tocchi le sperie onde che l’anima mia fia a quelle d’Acheronta. Ma dimmi se tu se’ quel valoroso Scipione cui la gente tanto nomina virtuoso -. Il quale Scipione, riguardandolo e udita la voce, il riconobbe, però che in altra parte aveva la sua forza sentita, e disse: O Alchimede io sono Scipione -. Allora Alchimede gli porse la destra mano e con fievole voce gli disse: Disarma il già morto braccio, e quello anello il quale nella mia mano troverai, prendilo e guardalo, però che in lui mirabile virtù troverai: che a qualunque persona tu il donerai, elli, riguardando in esso, conoscerà incontanente se noioso accidente avvenuto ti fia, però che il colore dell’anello vedrà mutato, e sì tosto come egli l’avrà veduto, la pietra tornerà nel primo colore bella. E a me per tale cagione il donò Asdrubal, fratello al mio signore Annibale, a cui tu tanto se’ avverso, quando di Spagna