Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/161

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la santa dea Venus, in abito sanza comparazione dolente, e vestita di neri e vilissimi vestimenti tutta stracciata piangendo, alla quale Florio disse: O santa dea qual è la cagione della tua tristizia, la quale movendomi a pietà mi costringe a piagnere, come tu fai? E dimmi, perchè è il subito mutamento de’ cieli e della terra avvenuto? Intende Giove di fare l’universo tornare in caos come già fu? Nol mi celare, io te ne priego, per la virtù del potente arco del tuo figliuolo -. - Oimè misera - rispose Venus, - or etti occulta la cagione del pianto degli uomini, dell’aere e degl’iddii? Levati su, che io la ti mostrerò -; e preso Florio, involtolo seco in una oscura nuvola, sopra Marmorina il portò, e quivi gli fece vedere l’avvelenato paone posto in mano a Biancifiore dal siniscalco, e ’l pensato inganno, e la subita presura, e ’l crudele rinchiudimento, e la malvagia sentenza della morte ordinata di dare contro a Biancifiore: le quali cose mostrategli, riposatolo piangendo di vere lagrime nella sua camera, gli disse: Ora t’è manifesta la cagione del nostro pianto -. - Oimè! - rispose Florio, - quando io ti vidi, santa madre del mio signore, sanza la risplendente luce degli occhi tuoi e sanza gli adorni vestimenti, privata della bella corona delle amate frondi da Febo, incontanente mi corse all’animo la cagione la quale tu hai ora fatta visibile agli occhi miei: ond’io ti priego che mi dichi qual morte più crudele io posso eleggere, poi che Biancifiore muore. Insegnalami, chè io non voglio vivere appresso la sua morte. Io sono disposto a volere seguire la sua anima graziosa ovunque ella andrà, e essere così congiunto a lei nella seconda