Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/166

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voluto che avvenuto fosse: però, sanza più adimandare, disse che ben gli piaceva che la festa era stata bella e grande, e che volontieri vi sarebbe stato se agl’iddii fosse piaciuto.

Già aveva Febo nascosi i suoi raggi nelle marine onde, quando, preso il cibo, il duca insiememente con Florio cercarono i notturni riposi. Ma Florio porta nell’animo maggiore sollecitudine che di dormire, e sanza adormentarsi aspetta che gli altri s’addormentino della casa; i quali non così tosto come Florio avrebbe voluto s’andarono a letto, ma ridendo e gabbando e con diversi ragionamenti gran parte della notte passarono, la quale Florio tutta divise per ore, con angosciosa cura dubitando non s’appressasse l’ora che andare di necessità gli convenisse, e fosse veduto. Ma poi che ciascuno pose silenzio e la casa fu d’ogni parte ripiena d’oscurità, Florio con cheto passo, aperte le porti del gran palagio con sottile ingegno, sanza farsi sentire passò di fuori, e tutto soletto pervenne all’ostiere di Ascalion, ove più voci chiamò acciò che aperto gli fosse. E ’l primo che alla sua voce svegliato si levò fu Ascalion, il quale sanza niuno indugio corse ad aprirgli, maravigliandosi forte della sua venuta, e del modo e dell’ora non meno. E poi che essi furono dentro alla fidata camera sanza altra compagnia, Ascalion disse: Dimmi, quale è stata la cagione della tua venuta a sì fatta ora, e perchè se’ venuto solo? -. E mentre che queste parole dicea, dubitava molto non il duca gli avesse detto lo ’nfortunio di Biancifiore. Ma Florio rispose: La cagione della mia venuta è questa. A me fa mestiere d’essere tutto armato e d’avere un buon cavallo. Onde io non sappiendo