Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/215

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Guardossi assai il siniscalco di non dire alcuna cosa del re, però che campare credea, chè non volea rimanere nella disgrazia sua; e di ciò fu ben contento Florio, che la nequizia del suo padre non fosse sì manifestamente saputa. Ma sì tosto come Massamutino tacque, ogni gente cominciò a gridare: Muoia, muoia! -. E Marte, che udite avea queste cose, con alta voce, non essendo da alcuno veduto se non da Florio, disse: Sia questa l’ultima ora della sua vita: gittalo in quel fuoco ove egli fatta avea giudicare Biancifiore, acciò che la giustizia per noi non patisca difetto. Di così fatti uomini niuna pietà si vuole avere -. Florio, udita questa voce, ripresolo per la barba, il gittò nel presente fuoco. Quivi con grandissime grida e con grieve doglia finì il siniscalco miseramente la sua vita ardendo.

Fu da molti la novella portata con lieto viso al re Felice della morte del siniscalco e della liberazione di Biancifiore: e chi la vi portò credendolo rallegrare, e chi per lo contrario. E narrandogli molti per ordine ciò che stato era nel campo tra’ due cavalieri, e ancora il miracolo della vermiglia luce, e ciò che confessato avea il siniscalco avanti la sua morte, il re in atto fece vista di maravigliarsene molto, ma gravosa e sanza comparazione noiosa gli era all’animo tal novella; ma per non scoprire ciò che infino a quell’ora avea con fermo viso tenuto celato, con atto lieto si mostrò contento di ciò che avvenuto era, e così disse: In verità che a me molto è a grado che Biancifiore sia da tal pericolo scampata, poi che colpabile non era, però che io l’amo quanto cara figliuola, avvegna che assai mi duole della morte del mio siniscalco, il quale io infino