Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/253

Da Wikisource.

la quale ogni altra passa: or che so io, se ella non potendo aver me, se ne prenderà alcuno altro, posto ch’ella non possa migliorare? Elli si suol dire che le femine generalmente hanno questa natura, ch’elle pigliano sempre il peggio. Con questi pensieri n’ho molti altri, li quali troppo penerei a volerli particolarmente spiegare; ma di loro vi dico che essi impediscono tanto la mia vita, che essi me l’hanno recata a noia; e per minor pena disidererei la morte, la quale ancora non pena riputerei, se gl’iddii donare la mi volessero, ma graziosa gioia. Veder potete come io mi posso a prendere alcuno diletto trarre: solo mio bene e sola mia gioia è il pensare a Biancifiore, e questo è quello che la poca vita che rimasa m’è, mi tiene nel corpo. Onde io vi priego che se la mia vita amate, non mi vogliate torre il poter pensare -.

Cominciò allora il duca così a parlare: Ben ci è manifesto te essere da tanti e tali pensieri stimolato, quanti ne conti, e da molti più. Ma tu non dei però volere con morte dar luogo al pensare più tosto che con diletto prolungare la tua vita, acciò che più tempo pensar possi. Onde, se nullo priego dee valere, noi ti preghiamo che tu prenda conforto, e da cotesti pensieri con continui diletti ti levi; e se t’è forse occulto, come tu nel tuo parlar dimostri, la cagione per che dei pigliar diletto, noi non ce ne maravigliamo, però che in così fatti affanni le più volte il vero conoscimento si suole smarrire. Ma noi, che di fuori da tale tempesta dimoriamo, conosciamo quali sieno le vie da uscire di quella: e però non ti siano gravi alquante parole, le quali se, ascoltate, metterai in effetto,