Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/269

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che alcuno altro, mai sanza lagrime non dimorerò. Piaccia agl’iddii che sopravegnente morte tosto me ne cavi -. E poi che queste cose piangendo avea dette, rimirava all’anello che in dito portava, e diceva: O bellissimo anello, fine delle mie prosperità e principio delle miserie, gl’iddii facciano più contenta colei che mi ti donò, che essi non fanno me. Deh, come non muti tu ora il chiaro colore, poi che ha la tua donna mutato il cuore? Oimè, che perduta è la reverenza che io ho a te e all’altre cose da lei ricevute portata! Ogni mio affanno in picciola ora è perduto: ma poi che ella mi s’è tolta, tu non ti partirai da me. Tu sarai etterno testimonio del preterito amore, e così come io sempre nel cuore la porterò, tu così sempre nella usata mano starai -. E poi bagnandolo di lagrime, infinite volte il baciava chiamando la morte che da tale affanno col suo colpo il levasse, e più forte piangendo diceva: Oimè, perchè più si prolunga la mia vita? Maladetta sia l’ora ch’io nacqui e che io prima Biancifiore amai. Or fosse ancora quel giorno a venire, nè già mai venisse. Ora fossi io in quell’ora stato morto, acciò che io essemplo di tanta miseria non fossi nel mondo rimaso. Ma certo la mia vita non si prolungherà più! -. E postasi mano allato, tirò fuori un coltello, il quale da Biancifiore ricevuto avea, dicendo: Oggi verrà quello che la dolorosa mente s’imaginò quando donato mi fosti, cioè che tu dovevi essere quello che la mia vita terminerebbe: tu ti bagnerai nel misero sangue, tenuto vile dalla tua donna, la quale, sappiendolo, forse avrà più caro avermiti donato, per quello che avvenuto ne sarà, che per altro -. Mentre che Florio piangendo dolorosamente