Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/304

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quello entrò Fileno, e non trovandovi via nè sentiero, ma tutto da vecchie radici o da grandissimi roghi occupato con grandissimo affanno infino alla sommità del picciolo monticello salì. Quivi trovò un tempio antichissimo, nel quale salvatiche piante erano cresciute, e le mura tutte rivestite di verde ellera. Nè già per antichità erano guaste le imagini de’ bugiardi iddii, rimase in quello quando il figliuolo di Giove recò di cielo in terra le novelle armi, con le quali il vivere etterno s’acquista. E era davanti a quello un picciolo prato di giovanetta erba coperto, assai piacevole a rispetto dell’altro luogo. Quivi fermato Fileno stette per lungo spazio; e rimiratosi dintorno e pensato lungamente, s’imaginò di volere quivi finire la sua fuga, e in quello luogo sanza tema d’essere udito piangere i suoi infortunii, e se altro accidente non gli avvenisse, quivi propose di volere l’ultimo dì segnare. E dopo lunga essaminazione, vedendo il luogo molto solitario, si pose a sedere davanti al tempio e quivi nutricandosi di radici d’erbe, e bevendo de’ liquori di quelle, stette tanto che agl’iddii prese pietà della sua miseria, sempre piangendo, e ne’ suoi pianti con lamentosa voce le più volte così dicendo:

- O impiissima acerbità dell’umane menti, che commisi io ch’io etterno essilio meritassi della piacevole Marmorina? Niuno fallo commisi: amai e amo. Se questo merita essilio o morte, torca il cielo il suo corso in contrario moto, acciò che gli odii meritino guiderdone. Se io forse amando ad alcuno dispiacea, non con morte mi dovea seguitare, ma con riprensione ammaestrare. Ora che riceverà da Florio chi odierà Biancifiore? Non so ch’elli gli si possa fare, se a quello che