Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/64

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cercare se la misera fortuna n’avesse alcuno riposto con cheto nascondimento tra’ suoi medesimi. Ma poi che alcuno non ve ne fu vivo trovato, egli comandò che il suo campo fosse quivi fermato quella notte; poi, al nuovo giorno, procederebbero.

Vedendo il re che i fortunosi casi aveano conceduta la vittoria alle sue armi, in se medesimo molto si rallegrò. Poi andando verso le tese trabacche guardando con torto occhio i sanguinosi campi, vide grandissima quantità de’ suoi cavalieri giacer morti dintorno a pochi romani. E ben che l’allegrezza della dolente vittoria gli fosse al principio molta, certo, vedendo questo, ella si cambiò in amare lagrime, imaginando l’aspetto de’ suoi cavalieri, i quali tutti sanguinosi giaceano morti al campo, e udendo le dolenti voci e ’l triste pianto che i suoi medesimi feriti faceano per lo campo. Egli diede a’ suoi cavalieri libero albìtrio che le ricchezze rimase nel misero campo fossero da loro rubate, e che ciò che ciascun si desse fosse suo; la qual cosa in brieve spazio fu fatta. Elli disarmarono tutti i romani con presta mano, e non ne trovarono alcuno che intorno a sè non avesse grandissima quantità di nimici morti nè che non fosse passato di cento punte. E i miseri cavalieri, i quali questo andavano faccendo, aveano perduta la conoscenza de’ loro padri e fratelli e compagni che morti giacevano, per la polvere mescolata col sangue sopra i loro visi; ma poi che essi, nettandoli co’ propii panni per riconoscerli, ve n’ebbero ritrovati molti, e tutti i più valorosi, il pianto e ’l romore cominciò sì grande, che il re si credette da capo essere assalito, e con fatica racchetò i loro pianti, ricogliendoli dentro ne’ chiusi campi.