Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/67

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lagrime. Ella spesse volte il baciava e abbracciava strettamente, e nell’amaro pianto, riguardandolo, diceva così: Oimè, Lelio, ove m’hai tu abandonata? ove m’hai tu lasciata? Tra gente araba diversa da’ nostri costumi, de’ quali niuno io non conosco! Almeno mi facesse Giove tanta di grazia, che la loro crudeltà fosse con le loro mani operata in me, come elli l’operarono in te; ma il feminile aspetto porta pietà in quelli petti ov’ella non fu mai. Almeno sarei io più contenta che la mia anima seguisse la tua ovunque ella fosse, che rimaner viva nella mortale vita dopo la tua morte. Deh! perchè non fu licito al tuo virile animo di credere al feminile consiglio? Certo tu saresti ancora in vita, e forse per lungo spazio saremmo lieti insieme vivuti. Deh! ove fuggì la tua pietà, quando tu in dubbio di morte nelle feminili braccia mi lasciasti di lungi alle tue schiere? Come non aspettasti tu che io almeno t’avessi veduto inanzi che tu fossi entrato nell’amara battaglia, e che io con le propie mani t’avessi allacciato l’elmo, il quale mai per mia voglia non sarebbe stato legato, perchè io conoscea sola la fuga essere rimedio alla nostra salute? Oimè dolente, quanto è sconvenevole cosa di volere adempiere l’uomo i suoi disideri contra ’l piacer di Giove! Noi desiderammo miseramente i nostri danni quell’ora che noi domandammo d’aver figliuoli, i quali se convenevole fosse suto che noi dovessimo avere, quella allegrezza Giove sanza alcun boto ce l’avrebbe conceduto. O iniquo pensiero e sconvenevole volontà, recate la morte in me, che non l’ho meno meritata che costui; o almeno, o dolorosa fortuna, mi fosse stato licito di pararmi dinanzi a’ crudeli colpi, i quali costui innocente