Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/82

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portarono sopra un letto, richiamando con freddi liquori le forze esteriori.

Incominciossi nel gran palagio un amarissimo pianto, e quasi per tutta Roma, ovunque il grazioso giovane e la piacente Giulia erano conosciuti, si piangea. L’aere risonava tutto di dolenti voci, tali che per lo preterito tempo alcuno anziano non si ricordava che tal doglia vi fosse stata per alcuno accidente. E certo che tu appena, o Bruto, riformatore della libertà del romano popolo, vi fosti tanto lagrimato dal rozzo popolo. E da quell’ora inanzi ciascun romano cominciò ad essere pauroso d’andar cercando gli strani altari o di portare gl’incensi a’ lontani iddii fuori di Roma; e per lo gran dolore del morto Lelio lungamente lasciarono i nobili adornamenti, vestendo lugubri veste, così gli altri romani come i suoi distretti parenti.

Mentre la fortuna con la sua sinistra voltava queste cose, s’appressò il termine del partorire alla reina, e simigliantemente a Giulia; e nel giocondo giorno eletto per festa de’ cavalieri, essendo Febo nelle braccia di Castore e di Polluce insieme, non essendo ancora la tenebrosa notte partita, sentirono in una medesima ora quelle doglie che partorendo per l’altre femine si sogliono sentire. Dopo molte grida, essendo già la terza ora del giorno trapassata, e la reina del gravoso affanno, partorendo un bel garzonetto, si diliberò, contenta molto in se medesima di tal grazia, sanza fine lodando i celestiali iddii; e similmente il re, udita la novella, fece grandissima festa, però che sanza alcun figliuolo era infino a quello giorno dimorato. Niuno