Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/91

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LIBRO SECONDO 79

so: e dimorato alquanto con loro, rivolti i passi indietro li lasciò stare, e rivestendosi le lasciate penne, tornò al lasciato lavoro. E i giovani, rimasi pieni di nuovo disio, riguardandosi, si cominciarono a maravigliare stando muti. E da quell’ora in avanti la maggior parte del loro studio era solamente in riguardar l’un l’altro con temorosi atti; nè mai l’un dall’altro, per alcuno accidente che avvenisse, partir si volea, tanto il segreto veleno adoperò in loro subitamente.

Sì tosto come Amore dalla sua madre fu partito, così ella nella lucida nuvoletta fendendo l’aere pervenne a’ medesimi tetti, e, tacitamente preso il vecchio re, il portò in una camera sopra un ricco letto, dove d’un soave sonno l’occupò. Nel qual sonno il re vide una mirabile visione: che a lui pareva esser sopra un alto monte e quivi avere presa una cerbia bianchissima e bella, la quale a lui molto parea avere cara; la quale tenendola nelle sue braccia, gli pareva che del suo corpo uscisse un leoncello presto e visto, il quale egli insieme con questa cerbia sanza alcuna rissa nutricava per alcuno spazio. Ma, stando alquanto, vedeva discender giù dal cielo uno spirito di graziosa luce risplendente, il quale apriva con le propie mani il leoncello nel petto; e quindi traeva una cosa ardente, la quale la cerbia disiderosamente mangiava. E poi gli pareva che questo spirito facesse alla cerbia il simigliante; e fatto questo si partiva. Appresso questo, egli temendo non il leoncello volesse mangiar la cerbia, la lontanava da sè: e di ciò pareva che l’uno e l’altro si dolesse. Ma, poco stante, apparve sopra la montagna un lupo, il quale con ardente fame correva sopra la cerbia per distruggerla,